«Ai tempi di Gesù non c’erano i registratori, per cui non sapremo mai ciò che ha detto realmente». Così si è pronunciato il preposto dei Gesuiti sulle parole attribuite a Cristo

Continuiamo oggi il nostro viaggio nei testi dell’Antico e del Nuovo Testamento, alla caccia di incongruenze, curiosità, e appunto, di cose dette e non verificatesi.

Al centro della nostra analisi di oggi il vangelo di Matteo, che anche a un non esperto si rivela essere fonte di clamorose castronerie e di dettagli simpaticissimi. E cominciamo da quest’ultimi: sapevate che Gesù, anzi, Giosuè come abbiamo svelato la settimana scorsa, a tavola era davvero smodato nel mangiare e bere? Lo troviamo in Matteo 11,19, dove leggiamo: “È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori“.
In questo Gesù-Giosuè era superato da quello che la Chiesa cattolica ci dice di essere il padre, Yahweh (ma prossimente vedremo che non è così), il quale ogni giorno, come potrete leggere in Numeri 28, pretendeva un quarto di hin (0,925 litri circa) di shakar (tradotto dall’ebraico è “bevanda ubriacante“) di mattina e di sera, unitamente ad abbondantissimo cibo, e addirittura, ad inizio mese, unitamente al sacrificio di due giovenchi, un ariete, sette agnelli dell’anno, senza difetti, pretendeva mezzo hin di shakar per ogni giovenco, un terzo di hin per l’ariete e un quarto di hin per ogni agnello: ovvero poco più di 11 litri di shakar, “bevanda ubriacante”! Un Dio decisamente etilista questo Yahweh!
Ancora una curiosità eclatante, che riguarda i cosiddetti tre giorni che hanno preceduto la resurrezione di Gesù-Giosuè.
Gesù, secondo i vangeli, è morto intorno alle 15 del venerdì, e all’alba della domenica, quando (nella versione di Matteo) Maria di Magdala e «l’altra Maria»” si recano alla tomba, essa è già vuota. E dalle 15 del venerdì alle 5 della domenica non sono tre giorni, ma circa 38 ore. Una solenne forzatura per creare un paragone che Matteo riporta in 12,40: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra“.
Veniamo infine alla promessa clamorosamente non mantenuta. La leggiammo in Matteo 10,23: “Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo”. Poi il rinforzo in Matteo 16,28: “In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno“.
E così Paolo di Tarso, vero inventore del Cristianesimo, fu costretto ad importare nella favola che stava creando su Gesù la spiritualità platonica e neoplatonica e ad inventarsi il peccato originale. Ma ne parleremo la prossima settimana …

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