Il tratto dell’A3 fino a Pompei fu aperto nel 1929, poi la guerra fermò tutti i progetti: solo nel 1964 fu prolungata fino a Salerno. Dai vecchi caselli al caratteristico ristorante a “ponte” dell’Alfaterna, il suo aspetto è cambiato tante volte nel corso degli anni
Prima autostrada del Meridione, seconda d’Italia. L’A3 Napoli-Salerno fu l’opera pubblica che cambiò per sempre il volto e lo sviluppo della Campania.
Tra fascino, storia e bellezza, che ne fanno una delle strade più incantevoli al mondo, è prossima a compiere cento anni. La sua vita, infatti, ebbe inizio quasi un secolo fa. Il termine autostrada fu usato per la prima volta nel 1922, quando l’ingegnere Piero Puricelli presentò il progetto dell’autostrada dei Laghi, prima in Italia. Precedentemente alla rivoluzione dei motori nessuno aveva sentito l’esigenza di realizzare strade in rettilineo, senza ostacoli e caratterizzate da un’alta velocità raggiungibile. Il Fascismo fin dal suo insediamento fu favorevole alla costruzione di opere pubbliche e infrastrutture per la propaganda: con lo sviluppo dei primi autocarri e delle prime automobili era già chiaro a tutti che le autostrade sarebbero servite a far viaggiare più velocemente merci e persone. Così, anche a Napoli dal 1923 si fecero spazio sogni e progetti per la prima strada veloce del Sud che congiungesse i porti di Napoli e Salerno. Le riunioni si svolgevano nei locali del Rotary Club partenopeo tra un gruppo di soci pronti ad investire capitali per realizzarla. Erano l’avvocato Luigi De Conciliis, proprietario di diversi cinema, l’ingegnere Leopoldo De Lieto, autore delle stazioni di Mergellina e Campi Flegrei, e il costruttore Antonio Landi, padre delle gallerie Laziale e della Vittoria, nonché del quartiere Materdei. Tre imprenditori esperti del settore edilizio intenzionati a dare una scossa allo sviluppo economico dell’intera Campania. L’atto costitutivo della Società Autostrade Meridionali venne stilato il 21 maggio 1925; il progetto è presto fatto: anche in questo caso fu affidato all’ingegnere milanese Piero Puricelli. Il 25 giugno seguente i sogni di tanti campani divennero realtà: alle ore 9, nei pressi di Barra, il ministro dei Lavori Pubblici, Giovanni Giurati, con tre colpi di piccone diede il via ai lavori dell’autostrada Napoli-Salerno mentre tra i tanti presenti si alzò un coro di auguri e felicitazioni. Il piccone era lo stesso che un anno prima aveva inaugurato l’autostrada Milano-Laghi. In soli quattro anni si completò il primo tratto tra Barra e Pompei. Si accedeva tramite due caselli (quello di Pompei, ancora oggi conservato, è in foto) posti alle due estremità, al costo di 1 lira, circa 90 centesimi attuali. Il traffico in costante aumento generò problemi già nei primi anni, tanto che si rese necessario intervenire per costruire un ingresso più agevole da Napoli, poiché la strada di accesso era attraversata da numerosi passaggi a livello della Circumvesuviana. Il nuovo ingresso, con un viadotto nella zona industriale del capoluogo, fu aperto nel 1936. Mancava ancora, tuttavia, il prolungamento dell’autostrada già previsto tra Pompei e Salerno, ma non ci fu tempo: la guerra fu più veloce e distrusse tutto. Né i tedeschi, né gli alleati risparmiarono la struttura, percorsa da carrarmati tra ponti saltati e macerie sparse. Questo fino al termine del conflitto. All’alba del 1946 c’era tutto da ricostruire. Negli anni ’50 il pacchetto di maggioranza della società venne rilevato da una finanziaria di Milano che ne moltiplicò il capitale. Barendson, direttore generale dal 1930, propose un progetto di ampliamento in larghezza, con due carreggiate da due corsie, e in lunghezza, fino a Salerno. I lavori iniziarono nel 1959 e dopo cinque anni fu finalmente terminata l’intera tratta da Napoli a Salerno. Erano gli anni del boom economico, della nuova ricchezza delle famiglie italiane che potevano permettersi tutte un’auto: il traffico diventò ben presto intenso e i gestori furono costretti ad aggiungere servizi di ristoro soprattutto per i vacanzieri nel periodo estivo. Alla fine degli anni Sessanta nacquero in entrambe le direzioni le aree di servizio Torre Annunziata e Alfaterna, nel territorio di Nocera Superiore, la quale nel 1971 fu accompagnata dalla costruzione da parte di Pavesi del caratteristico ristorante a “ponte”, unico esempio nel Meridione. La struttura, che offriva anche un motel, divenne un simbolo delle vacanze italiane: tappa obbligatoria per tutti coloro che raggiungevano le mete del Sud Italia in estate. Durò, purtroppo, pochi anni. Una serie di cause concomitanti ne decretarono la fine e quindi la rimozione: fu prima danneggiato da un incendio, poi dal terremoto del 1980, infine, l’apertura della più comoda autostrada Caserta-Salerno fece diminuire notevolmente il traffico di viaggiatori. Nel decennio successivo un altro evento vide coinvolta la città di Nocera Inferiore. La barriera di Salerno fu considerata non più adatta ad accogliere l’alta affluenza di veicoli e lontana da ogni standard di sicurezza. Allo stesso tempo, il casello di entrata a Nocera Inferiore, posto in prossimità del centro, stava causando sempre più problemi alla viabilità cittadina con traffico e smog. La Società Autostrade Meridionali e il Ministero trovarono un compromesso: realizzare una nuova barriera, direttamente sull’autostrada, all’altezza dello svincolo per Nocera. Nonostante una battaglia pro-ambiente intrapresa da cariche politiche locali e da molti cittadini, così si fece. Nei primi anni del nuovo millennio la nuova barriera di Nocera vide la luce. Nel 2004 fu poi finanziato l’ammodernamento dell’asse autostradale fino a Castellammare di Stabia, rendendo il tratto interamente a tre corsie. Fino al 2017 la Napoli-Salerno era parte del tracciato A3 Napoli-Reggio Calabria; dal 2017, con un decreto ministeriale che ha sancito la nuova denominazione della Salerno-Reggio Calabria come A2-“autostrada del Mediterraneo”, la classificazione A3 è rimasta soltanto per la Napoli-Salerno.
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