La struttura, originariamente a tre navate, diventò a navata unica con l’obliterazione di una parte dei preziosi affreschi presenti
Tra il 1545 e il 1563 la città di Trento ospitò a più riprese un importante concilio ecumenico che vide la presenza contemporanea di tanti vescovi cattolici (255 nel momento maggiore). La chiesa aveva sentito il bisogno di riunirsi per varare una serie di riforme atta a contrastare la scissione prodotta da Martin Lutero e dai suoi seguaci. Tra le decisioni prese dal concilio ci fu quella di modificare l’aspetto delle chiese. L’antico modello a tre navate fu abolito, obbligando gli architetti a realizzare strutture a navata unica.
Quella delibera avrebbe avuto inaspettate ripercussioni sulla vita quotidiana di un gruppo di monache che viveva in un convento ubicato, da quasi tre secoli, lungo il crinale occidentale della collina del Parco, l’altura che custodisce il cuore medievale delle due Nocera.
Nel 1282 Pietro, vescovo di Capaccio originario proprio di Nuceria, aveva fondato un monastero acquistando una piccola casa e una cappella dedicata a Santa Maria delle Grazie. Quelle semplici strutture rappresentarono il nucleo primitivo del complesso domenicano che quest’anno festeggia i suoi primi 740 anni di vita. Il monastero femminile dedicato all’ordine dei dominicani si arricchì, nei secoli, di una moltitudine di opere d’arte. Presso la chiesa originaria, che fu poi innalzata a basilica, si alternarono celebri artisti dello scenario partenopeo e meridionale (da Roberto d’Oderisio ad Angelo, Francesco e Orazio Solimena, passando –sembra – anche per Andrea Sabatini). Le nobili casate che inviavano le proprie figlie al convento nocerino solevano benedire gli ingressi con ricche elargizioni grazie alle quali le consorelle più anziane impreziosivano la struttura e acquistavano terreni e altri beni immobili. Nel Settecento, gran parte delle terre di Fiano appartenevano al convento e le monache dovettero mettere in piedi su un complesso sistema per governare i propri possedimenti e gestire i contadini, arrivando a realizzare una masseria e una chiesetta (l’attuale parrocchia di Sant’Anna, inaugurata il 13 maggio 1792).
{loadmoduleid 289}Le storie da raccontare su questa struttura sarebbero innumerevoli (lo storico nocerino Gerardo Ruggiero le ha dedicato due ricchi volumi: “Il Monastero di Sant’Anna di Nocera dalla fondazione al concilio di Trento” e “Il Monastero di Sant’Anna di Nocera nell’età moderna e contemporanea“). Visitare la piccola chiesa significa fare un tour nella storia dell’arte italiana, districandosi tra le originali architetture gotiche coperte dalle fantasie barocche realizzate negli ultimi anni del Seicento, e affreschi e dipinti che vanno dal tardo Trecento all’Ottocento.
In questa occasione vorrei soffermarmi su una vicenda meno nota che ci ricollega al concilio di Trento. Quando i vescovi decisero di abbandonare la classica conformazione delle chiese a tre navate, qualcuno usò questa scusa per cercare di spostare l’antico monastero nocerino chiedendo che fosse ubicato in una zona più vicina al centro urbano della città. Le monache si opposero e, per allontanare la minaccia, dopo decenni di diatribe coi vescovi nocerini per questioni di diritti e giurisdizione, accettarono di modificare la pianta della chiesa originale obliterando le incolpevoli navate laterali per ottenere una struttura a pianta unica.
Quel restauro scellerato compiuto nella seconda metà del Seicento comportò l’obliterazione (fortunatamente rivelatasi parziale) dei preziosi affreschi con i quali le consorelle avevano ornato il proprio tempio nei secoli precedenti (a proposito, prezioso è l’articolo di Carmine Zarra sul ciclo di affreschi riscoperto sul finire del Novecento, disponibile cliccando QUI).
Per un indiretto demerito del concilio di Trento, la città di Nocera ha perso una parte consistente di un patrimonio artistico che sarebbe stato affascinante da studiare, divulgare e tramandare.
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