Ai sensi dell’articolo 7 comma 2 della legge 26/2019, i beneficiari del sostegno economico devono comunicare all’Inps lo svolgimento di attività lavorativa, anche se retribuita soltanto con regalie occasionali
di Danila Sarno
Va in carcere chi percepisce il reddito di cittadinanza e, contemporaneamente, lavora in nero. È quanto deciso dalla Corte di Cassazione, nella sentenza numero 25306 del 2022, in occasione del ricorso proposto da un percettore del suddetto sostegno economico avverso la condanna a più di un anno di reclusione per il reato di “omessa comunicazione all’Inps dello svolgimento di attività lavorativa retribuita”, disciplinato dall’articolo 7 comma 2 della legge numero 26 del 2019.
Dinanzi la Suprema Corte, l’imputato aveva cercato di discolparsi sostenendo di non aver ricevuto alcuna retribuzione per il lavoro svolto, ma soltanto alcune regalie saltuarie, come confermato dallo stesso datore di lavoro. A detta del ricorrente, dunque, non risultando accertata alcuna corresponsione di salari, l’omessa comunicazione non rientrerebbe tra le condotte punibili a norma del citato articolo 7.
Gli Ermellini, tuttavia, hanno considerato il ricorso inammissibile, condividendo il ragionamento logico posto alla base della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello. Di fatti, appaiono inverosimili le dichiarazioni dell’imputato e del suo datore in relazione alla gratuità dell’attività lavorativa, in quanto è comune regola di esperienza quella secondo cui il lavoro, anche se irregolare, viene retribuito. Per di più, ciò sarebbe confermato dalle stesse dichiarazioni dei due protagonisti della vicenda che, sia pure qualificandole come “regalie” corrisposte in “occasioni particolari”, hanno di fatto ammesso la corresponsione di compensi al ricorrente per l’attività svolta. Inoltre, la Cassazione ha ricordato che il reato di “omessa comunicazione all’Inps di una variazione patrimoniale rilevante” è configurabile anche nel caso di conseguimento di somme di denaro per donazione.