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Pochissime le informazioni che riguardano il primo vescovo nocerino. Un rapido excursus dal sarcofago presente in cattedrale alla leggenda sulla celebre vasca

sanprisco7Alla fine dell’XI secolo Salerno è un’importante città normanna. Per questo motivo il vescovo di allora, Alfano I, decide di dotare la sua diocesi di una cattedrale più moderna e più grande (anche per onorare le spoglie attribuite all’evangelista Matteo che erano conservate in quella città dal 954). Per consacrare l’inizio dei lavori, il duca della città Roberto il Guiscardo dona alla fabbrica nascente le reliquie di alcuni santi particolarmente venerati. Tra le ossa che saranno conservate nella cripta ci sono anche quelle di Prisco, il primo vescovo della diocesi di Nuceria (insieme a quelle delle sue sante sorelle, che la tradizione chiama Marzia e Marina).

Sulle origini del primo vescovo nucerino si sa poco, molto poco. La più antica menzione del prelato si deve a un santo nolano, il celebre Paolino. In un carme del 405, il vescovo originario di Bordeaux racconta di un miracolo compiuto dal veneratissimo Felice: il martire nolano impedì all’uomo che aveva sottratto una croce d’oro dalla Basilica Nova (chiesa, oggi, nel complesso di Cimitile) di raggiungere Roma per vendere il bottino. Paolino celebra il suo Felice ricordando un avvenimento avvenuto da poco tempo, che tante persone avevano potuto osservare coi loro occhi perché la basilica nuova era gremita. Ricorreva, infatti, il giorno “sacro che festeggiava la nascita del beato Prisco, che”, specifica Paolino da Nola nel carme XIX ai versi 515-518 “anche Nola celebra, sebbene egli, come vescovo di Nocera, abbia avuto sede in un’altra città”. Nei primissimi anni del V secolo, Prisco di Nocera era talmente celebre da essere già venerato in un’altra città. Questa preziosa informazione, l’unica attendibile sulla vita del santo, ci permette di affermare che Prisco sia vissuto intorno al IV secolo (se non prima).
Molti testi riportano, un po’ affrettatamente, una presunta menzione tratta dal “Martirologio romano” secondo la quale Prisco sarebbe morto il 9 maggio a causa della repressione di Nerone. In realtà, in tutte le edizioni di questo volume, il riferimento a Prisco non compare mai (questa ambiguità era stata notata anche dello storico di Padova Nicolai Coleti nel 1721). Siccome le fonti ci aiutano poco, possiamo fare qualche considerazione sulle origini del santo dando un’occhiata al sarcofago presente in cattedrale che, tradizionalmente, è ritenuto quello del primo vescovo della diocesi di Nocera.
sarcofago san priscoInnanzitutto, siamo sicuri che sia di Prisco? Faccio miei i dubbi espressi dal vescovo Gherardo Antonio Volpe, che fu a Nocera tra il 1744 e il 1768, il quale affermò di non poter né confermare né respingere “in animo” questa tradizione. Il sarcofago rientra nell’ambito degli esemplari strigiliati (striati), formati da onde che hanno andamento contrario e non presentano ornamento nella parte centrale (detta mandorla). Questo tipo di tombe si possono datare tra la fine del 200 e l’inizio del 300 (il confronto con un esemplare napoletano, il sepolcro del vescovo Massimo o Massimilano, ne sposta la cronologia un po’ più avanti, al 350). Se davvero ospita le spoglie di Prisco, possiamo definire un po’ meglio il periodo in cui visse, confermando, sostanzialmente l’epoca “prima della quale” ci arriva dal carme di Paolino.
Al di là dei dubbi sulle sue origini, la santità di Prisco avrebbe fatto parlare molto di sé. Venerato in diverse parti della Campania (Costiera sorrentina, Nola, Salerno e – probabilmente – a Montevergine e nel casertano) fu autore di tanti miracoli e vittima, suo malgrado, della rivalità con l’omonimo vescovo di Capua (magari, ne parleremo un’altra volta). Tutti, a Nocera conoscono le principali leggende sulla sua vita, ma c’è un miracolo meno noto e più affascinante. Riguarda una storia che il senatore nocerino Andra Calenda di Tavani ha pubblicato, nel 1888, all’interno del romanzo intitolato “Ramondello Orsino, storia napoletana del Trecento”. Riguarda la celebre vasca (una fontana secondo la tradizione, più probabilmente, la base di un frantoio) oggi presente nella piazza della cattedrale. Sarebbe stata il regalo di un non meglio precisato papa. Tornando da Roma e arrivato nei pressi di Fiano, Prisco, trascinandosi quasi magicamente quel dono ingombrante, decise di accorciare il proprio viaggio tagliando attraverso la strada chiamata oggi Campanile dell’Orco. Trovandosi davanti un monte, spaccò la montagna creando un varco largo quel tanto che bastava per permettere alla sua vasca di passare. Quel gesto, tuttavia, indispettì i suoi concittadini, preoccupati per l’inaspettata apertura di una breccia nel sistema difensivo della città. Accettate le critiche, Prisco assicurò i nucerini che quell’area sarebbe rimasta per sempre sotto la sua protezione e che non avrebbe permesso ad alcun invasore di passare da lì per far del male ai suoi fedeli.
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