paolo apolito

Riparte la rassegna curata da Artenauta Teatro e Simona Tortora con lo spettacolo “Tre compari musicanti- Storie minime nella grande storia: briganti, borbonici, francesi”

paolo apolitoIl viaggio di “Overture”, la rassegna teatrale e musicale di Artenauta Teatro, si arricchisce di una nuova tappa: questa volta al teatro Diana di Nocera Inferiore venerdì 29 aprile alle ore 21 andrà in scena Paolo Apolito con la partecipazione di Antonio Giordano.

Apolito, già docente di antropologia culturale all’Università di Salerno e all’Università Roma Tre, autodefinitosi scherzosamente”antiaccademico”, sarà protagonista con “Tre compari musicanti- Storie minime nella grande storia: briganti, borbonici, francesi”, uno spettacolo pensato come un monologo che narrerà le vicende delle famiglie contadine travolte dalla “grande storia” tra ‘700 e ‘800. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’ideatore della performance.
Innanzitutto da dove nasce l’esigenza di andare oltre l’attività di docente e di salire su di un palcoscenico?
Proprio per uscire dal recinto dell’insegnamento. Mi sono reso conto che la lezione tradizionale non era sufficiente, in particolare per alcune tematiche e che si poteva pensare ad utilizzare altri media, altre forme di comunicazione; ho avuto un passato lontanissimo e giovanile nel teatro: la vita poi mi ha portato a fare altre cose però ho conservato la passione per il linguaggio teatrale con la consapevolezza che il teatro di presenza sia una forma di comunicazione formidabile.
Parliamo di “Tre compari musicanti” e del suo percorso artistico.
Lo spettacolo che presenterò venerdì non è il primo che faccio; il primo, andato in scena quindici o vent’anni fa, era uno spettacolo grottesco sul razzismo in cui prendevo in giro i razzismi occidentali. Un altro, andato in scena una decina di anni fa, partiva da un libro che avevo pubblicato, un saggio scientifico che si chiamava “Ritmi di festa”: di quel monologo ho fatto quasi duecento repliche in tutta Italia. Quest’ultimo è un po’ più ambizioso perché è diventato anche musicale. C’è Antonio Giordano che è polistrumentista e suonerà fisarmonica, chitarra battente,il tamburo e canterà. Compari musicanti parla del mondo contadino arcaico che è scomparso da decenni ma anche della sofferenza e della gioia della gente del sud. I materiali dai quali ho tratto questo monologo sono campani, lucani, calabresi e del sud in generale; racconto una famiglia contadina travolta dalla grande storia, quella dei condottieri, delle battaglie e della tragedia della guerra: c’è questo incrocio con le piccole vicende familiari anche casalinghe. Insomma cerco di far tenere presente che i nostri antenati hanno subito, hanno sofferto ma è anche grazie a loro se siamo qui.
{loadmoduleid 284}Da “Ritmi di festa” è nato il format dell’antropologo a domicilio. Ci parla di questa definizione?
Ho avuto sempre quasi un’ansia, una spinta all’uscire dalle aule e a non rimanere dentro un’accademia. Ho pensato che l’antropologia non poteva restare all’interno di un’aula ma doveva provare ad uscire fuori e trovare nuovi modi di comunicare. Così ho pensato di  propormi come antropologo che va a domicilio dalle persone. Sono andato nelle case, nei centri giovanili, persino una volta in un tunnel di linea e su di una spiaggia. Vado da chi mi vuole. Il senso è di un antropologo che si sposta e va in giro perché è convinto che la conoscenza dell’antropologia sia utile per capire il mondo nel quale viviamo. Il mio intento è creare emozioni, suscitare curiosità, invitare a porsi delle domande.

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