Una data istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare, informare e collaborare a livello mondiale nella ricerca, diagnosi, trattamento ed accettazione delle neurodiversità
Nel 2007 l’Assemblea Generale dell’ONU istituiva per il 2 aprile la Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo.
In Italia l’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico stima che 1 bambino su 77, tra i 7 e i 9 anni, presenti un qualche tipo di disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza significativa nei maschi.
Con l’epidemia da Covid e la conseguente campagna vaccinale, l’autismo è tornato ad essere un argomento di discussione tra chi erroneamente ancora ritiene vi sia una correlazione tra sviluppo dei disturbi dello spettro dell’autismo e vaccini (ipotesi ormai del tutto screditata dalla scienza).
In effetti però, le cause, nonché l’individuazione dell’autismo non sono sempre chiare e manifeste e spesso si arriva tardivamente, se non solo da adulti all’individuazione della propria particolare neurodivergenza.
Per questo si rende necessaria questa data e la cooperazione internazionale nella ricerca e lo studio di questo disturbo.
Ma cos’è l’autismo? E perché se ne parla tanto negli ultimi anni (e non sempre nei giusti termini)?
Autismo è un termine ombrello in cui ricadono diversi tipi di disturbi del neurosviluppo.{loadmoduleid 284}
Non è una malattia o un deficit, ma una neurodiversità, un’espressione di variabilità o divergenza dallo sviluppo neurologico tipico, che può comprendere diverse manifestazioni, soprattutto comportamentali, con differenti gradi e livelli d’intensità.
Si parla infatti comunemente di disturbi dello spettro autistico proprio per raccogliere le diverse sintomatologie, espressioni delle variabilità neurologiche e comportamentali riscontrate.
Le sue più comuni manifestazioni comportano una tendenza all’isolamento e quindi al rifuggire l’interazione sociale, conseguenze funzionali come deficit della comunicazione verbale e non, disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento, ristrettezza di interessi, comportamenti ripetitivi, insonnia e/o disturbi del sonno, come incubi ricorrenti.
In forme più gravi si riscontra anche anaffettività, aggressività, autolesionismo, comportamenti ossessivo-compulsivi, disturbi sensoriali e stati d’ansia e rabbia.
Le cause ad oggi individuate spaziano tra neurobiologiche costituzionali e psicoambientali acquisite, ma la ricerca ha ancora molto da approfondire sul tema, che è da un punto di vista clinico relativamente recente.
Generalmente si iniziano a notare i primi atteggiamenti riconducibili all’autismo tra i primi due anni di vita dell’infante, ma non sempre è facile giungere ad una diagnosi, soprattutto in caso di forme di lieve gravità. A volte, è anche un rifiuto o negazione dei genitori stessi ad accettare ed affrontare la problematica a causare ritardi nell’individuazione del disturbo, che può però essere affrontato con interventi psicologico-clinici e/o di inserimento scolastico, che limitino quanto meno la degenerazione delle capacità funzionali, relazionali e sociali del bambino.
Anche per questo c’è bisogno di questa data e di sensibilizzare ed accrescere la consapevolezza di tutti riguardo l’argomento.