Non si sbircia nel cellulare altrui, dolce metà compresa, senza il suo consenso. E se l’intento è scoprire eventuali tradimenti del convivente, che sia coniuge o compagno/a poco importa
Niente sbirciatine allo smartphone o al profilo social del proprio partner! La Corte di Cassazione è stata chiara sulla questione, avendo stabilito che chi sottrae con la forza lo smartphone altrui commette reato di rapina.
È stato infatti pecisato che nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in ogni utilità, anche morale.
È irrilevante il fatto che l’autore del misfatto si adoperi con l’intento di individuare le tracce o gli indizi di una presunta relazione del partner. Questo perché tanto il matrimonio quanto anche la convivenza non possono comportare una limitazione al diritto di riservatezza del singolo individuo. In ogni caso sarebbe una violazione della privacy altrui, “un’intrusione nella sfera di riservatezza della vittima”.
In sostanza, chi ha l’irrefrenabile voglia di leggere o “dare uno sguardo” sul cellulare altrui deve chiederne il consenso; in caso contrario, se si agisce di propria iniziativa e si passano in rassegna i contenuti presenti sul telefono senza autorizzazione dell’interessato, tutte le informazione estrapolate dalle conversazioni non potranno essere utilizzate a favore di chi ha agito violando la privacy, anzi, sarebbe come darsi la zappa sui piedi.{loadmoduleid 284}
E se si opera con serafico inganno? Se, dunque, non si prende con la forza lo smartphone, ma semplicemente tramite le credenziali ricevute dallo stesso partner si accede al profilo social o alla posta elettronica di quest’ultimo? Anche in questo caso non importa che le credenziali siano state fornite dalla vittima se l’accesso avviene senza autorizzazione; quindi, sebbene se ne conoscano le informazioni, l’accesso e la lettura di e-mail e messaggi non può avvenire senza consenso, equivarrebbe ad un accesso abusivo al sistema informatico. Fare “una panoramica” del profilo Facebook della moglie, del marito, del compagno di vita senza il suo benestare non è una quisquilia. Che possa sembrare paradossale o meno, non si può leggere la corrispondenza altrui, neanche per scoprire o dimostrare un tradimento.