La grinta messa in campo portò un giornalista partenopeo ad associare i calciatori rossoneri alla razza di mastini. Tuttavia, la consacrazione del soprannome si ebbe nel 1929 ad opera del fondatore della nostra testata Giovanni Zoppi
Novantaquattro anni fa, in un giorno dell’Epifania passato alla storia del club rossonero, per la prima volta i calciatori della Nocerina venivano accostati ai cani molossi.
Il 6 gennaio 1928 allo stadio militare dell’Arenaccia andò in scena un’amichevole tra i padroni di casa del Napoli e la Nocerina. Gli azzurri, nati due anni prima (già Internaples), militavano nel campionato di Divisione Nazionale, la massima serie, mentre i rossoneri erano inseriti nel campionato di Seconda Divisione, una sorta di Serie C. Un calcio lontano, lontanissimo. Il Napoli, sorretto dall’industriale Giorgio Ascarelli, era stato da poco aggiunto al massimo campionato insieme alle forti squadre del Nord. La Nocerina del presidente Buonocore, che non aveva vissuto momenti felici nei primi anni ’20, era formata per lo più da giovani del posto e da militari di stanza nelle caserme cittadine: in campo scesero Alfieri, Iannone, Spina, Piccolo, Zanetti, Franzese, Vittorioso, Petrosino, Ceresoli, Accarino e Cascone. La gara doveva essere quindi poco più di un semplice allenamento per i partenopei. In campo, invece, si vide tutt’altro: i rossoneri sfoderarono una prestazione di carattere e tenacia, vincendo uno a zero grazie alla rete di Ceresoli a metà secondo tempo. La grinta dei ragazzi di mister Sellitti impressionò tutti i presenti, al punto che un giornalista locale diede loro l’appellativo di “molossi”, paragonandoli alla razza di cani mastini. Fino ad allora erano stati spesso soprannominati “orsacchiotti” e prima ancora “diavoli”, in virtù del legame tra i fondatori del club e i colori del Milan. Tuttavia, per un pò di tempo ci fu ancora confusione e i giovani di Nocera continuarono ad essere chiamati orsacchiotti, per quanto oggi possa sembrare strano. La consacrazione del soprannome Molossi si ebbe poco più di un anno dopo, in occasione del match contro lo Stabia. La riforma dei campionati partorì un girone campano di Prima Divisione di fuoco: Nocerina, Aversana, Nola, Salernitana, Stabia e Vomero. Il sodalizio versava in difficoltà finanziarie, in parte risolte dall’intervento del colonnello Pavone, comandante della locale caserma, che rinforzò la squadra con elementi come Bertagna e Montiglio, il quale fece da allenatore-giocatore. Il 21 gennaio 1929 al Piazza d’Armi si disputò l’accesissimo derby contro i rivali dello Stabia, le “vespe”. La Nocerina, dopo aver surclassato tutte le avversarie si ritrovò a contendere la vetta della classifica al Vomero. L’impianto nocerino, ancora rudimentale, era gremito oltre i limiti, almeno 3000 gli spettatori. In campo non ci fu storia: 3-0 netto. Fuori dal rettangolo verde accadde di tutto: caos tra i tifosi e dirigenti avversari, rissa negli spogliatoi. Un giornalista al seguito delle vespe, Piero Gerace, sulla cronaca lamentò l’ostilità del pubblico nocerino, mettendo in secondo piano l’amara sconfitta. Il suo intervento scatenò la reazione del collega Giovanni Zoppi, fondatore della nostra testata, Il Risorgimento Nocerino, che rispose con una ironica poesia divenuta celebre, in cui fu richiamato nuovamente l’accostamento ai molossi: “Nell’ardore della pugna, voi chiamaste il nocerino il molosso ossia il mastino dello sport calciator. […] Il molosso nocerino, sia Montiglio, sia Bertagna, è capace che si magna le tue vespe in un boccon“. Nacque allora il mito dei Molossi, nome con cui ancora oggi vengono identificati i calciatori della Nocerina, così come il club e la tifoseria in genere.
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