Non solo Halloween. Usi e tradizioni simbolo del rapporto tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Tra riti, usanze popolari, cucina e dolcetti
Il cambio dell’orario e il ridursi delle ore di luce, in questo periodo dell’anno il ciclo dell’anno agrario si è appena concluso e gli alberi piangono le caduche foglie.
In tutta Italia il 2 novembre si commemorano i defunti, “Ogn’anno, il due novembre, c’è l’usanza per i defunti andare al Cimitero” (‘A livella, Totò) rito celebrato già nell’antica Roma ed in epoca medievale, ma non il 2 novembre. Tale data, infatti, è stata istituita dalla Chiesa latina, dall’abate benedettino di Cluny.
In Campania il culto dei defunti conserva quel misticismo che da sempre si fonde con i riti tradizionali cristiano-cattolici. Mentre dilaga la festa di Halloween nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, resistono i riti e le credenze popolari del territorio, secondo cui i defunti fanno ritorno nelle loro case a cominciare dalla notte del 2 novembre. E in tale occasione nelle campagne dell’Agro si pone sul tavolo della cucina un bicchiere di vino, di acqua, del pane ed un pezzo di baccalà: per permettere loro di rifocillarsi durante il viaggio. A Napoli due tra i luoghi più rappresentativi del forte legame tra vivi e morti sono il cimitero delle Fontanelle, nel rione Sanità, e la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio in via dei Tribunali, dove si teneva il culto delle anime pezzentelle.
Come per ogni ricorrenza non manca la tradizione culinaria: legumi e fave “il pane dei morti”, o i “taralli dei morti” molto diffusi nel casertano, torrone dei morti, di cioccolato bianco e al latte, il dolce chiamato torroncini di zucchero e mandorle. I colori bianco e nero rappresentano il colore dei morti. I Torroni di piccole dimensioni sono chiamati “morticelli“, e poi i torroncini caramellosi a forma di bastoncino detti anche “ossa ‘e muort”.
Ai morti che ritornano viene anche attribuito un detto che recita “Tutte ‘e ffeste vanne e vènene, sule ‘a Bbefanìa n’avessa mai venì” attraverso questa frase, le anime esprimono il loro dispiacere per il fatto che entro il 6 gennaio “‘ll’ aneme ri muorte s’hann arritirà”; anticamente, nella cultura contadina, nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebravano la morte e la rinascita della Natura.{loadmoduleid 284}