Alfonso Cuomo, industriale conserviero di Nocera Inferiore, guidò la società di calcio partenopea per oltre un decennio, in quanto amico di Achille Lauro. Portò in azzurro molti calciatori importanti dell’epoca
Ingegnere, Commendatore, imprenditore, persona elegante e dal carattere mite. Alfonso Cuomo, proprietario dell’omonima azienda conserviera molto attiva negli anni ’50, fu anche presidente del Napoli calcio, portandola sotto la sua dirigenza ad essere la prima e unica squadra nella storia a vincere la Coppa Italia giocando nel campionato di Serie B.
Nato nel 1901 in una nota famiglia di Nocera Inferiore, già in giovane età si adoperò nella costituzione di un’impresa di trasformazione del pomodoro, oro delle terre dell’Agro, in un periodo nel quale pullulavano in città piccole aziende – spesso ancora a carattere familiare – che nel dopoguerra avrebbero poi segnato la storia economica e sociale del territorio. Fu infatti al termine del secondo conflitto mondiale che Nocera, devastata dalla guerra, ritrovò la forza di emergere grazie alle tante industrie conserviere. Tra queste ci fu proprio quella di Cuomo, la “Alfonso Cuomo Conserve Alimentari“, con sede al Corso vecchio, che nel giro di pochi anni incrementò il fatturato in maniera esponenziale, come accadde per tutte le “cento ciminiere” attive in città, dalla Gambardella alla Schiavo, passando per La Pantera, Spinelli, Memoli, Forino, Spera, Silvestri e tante altre. La crescita economica della propria azienda portò Alfonso Cuomo a diventare uno dei più importanti imprenditori nell’area tra Napoli e Salerno, forte anche delle esportazioni che gli consentirono di avviare una serie di rapporti con politici e uomini d’affari del capoluogo partenopeo. In questo contesto nacque l’amicizia con Achille Lauro, armatore e sindaco di Napoli, leader politico nel Meridione all’epoca. La parabola della sua leadership fu l’espressione di un fenomeno politico-sociale definito come “laurismo”, basato su un ramificato sistema di interessi e sul consenso di stampo populista fondato sul culto della sua figura. Per spiegare come mai Cuomo divenne presidente del Napoli bisogna prima comprendere il percorso di politico e dirigente sportivo di Lauro. Avendo avuto molte agevolazioni per le proprie navi dal Fascismo, Lauro fu costretto nel 1936 dal federale napoletano del partito e fiduciario del Duce, Nicola Sansanelli, ad acquistare il Napoli calcio, indebitato per quasi un milione di lire. Fu padrone del club fino al 1940. Dopo la guerra, il “Comandante” fece la sua apparizione nel panorama politico, sia locale che nazionale, prima con il Fronte dell’Uomo Qualunque e poi con il Partito Monarchico, usando la squadra principalmente per la propaganda elettorale negli anni ’50. Divenuto sindaco di Napoli con voto plebiscitario nel luglio del 1952, secondo molti stanco del calcio, lasciò le redini del club nelle mani dell’amico e suo uomo di fiducia Alfonso Cuomo, anche se per molti altro non era che un prestanome. Frutto di questa amicizia fu anche la candidatura e l’elezione al Senato di Achille Lauro nel collegio elettorale di Nocera Inferiore nel 1953. La presidenza effettiva della società di calcio fu comunque di Cuomo dal 1951 al 1963. Sotto di lui, ma a spese di Lauro, arrivarono al Napoli molti giocatori importanti, nonostante non fosse tra le squadre più importanti dell’epoca. Stupì il dispendioso acquisto di Jeppson nel 1952, con 75 milioni all’Atalanta e ben 30 al giocatore, cifre folli per quei tempi. Il miglior piazzamento del Napoli dell’era Cuomo fu il quarto posto raggiunto nel ’53 e nel ’58. Ma dovette sopportare anche una amara retrocessione in B nel ’61. Amara ma anche dolce, perchè al termine di quel campionato di Serie B, il 21 giugno 1962, la squadra partenopea riuscì a vincere la Coppa Italia battendo la Spal 2-1 in finale all’Olimpico di Roma, divenendo la prima e, ad oggi, ancora l’unica compagine a vincere la competizione militando nella seconda serie. Una grossa soddisfazione per Alfonso Cuomo, immortalata in una foto con la squadra ed il trofeo, ma anche con Lauro, divenuta celebre. Autori di libri sulla storia del Napoli lo hanno sempre descritto un uomo dal carattere mite, mai fuori posto e sempre elegante, come tra l’altro era noto a Nocera a chi lo conosceva. La sua azienda conserviera subì la crisi generale degli anni ’70, che non fece in tempo a vedere. Morì infatti nel 1967, all’età di 66 anni. A lui è dedicata una strada di Nocera Inferiore che collega il quartiere Cicalesi con Villanova.