Tra gli anni Sessanta e Novanta in ogni casa d’Italia vi era almeno un apparecchio uscito dagli stabilimenti di Abbiategrasso. Poi la crisi e la chiusura nel 2013. Imprenditore simbolo del boom economico
È morto all’età di 98 anni Carlo Vichi, uno degli imprenditori più noti d’Italia, fondatore e proprietario della Mivar, l’ultima azienda italiana a produrre televisori made in Italy.
Nato a Montieri, in provincia di Grosseto, ma trasferitosi a Milano fin da bambino, Vichi aveva iniziato la sua attività a livello artigianale nel 1945, appena finita la Seconda guerra mondiale, dando vita alla Vichi Apparecchi Radio (Var) per la produzione di radio a valvole. Nel 1963, con l’aggiunta di Milano al nome, la società diventa Mivar con sede ad Abbiategrasso. Fu proprio negli anni del boom economico e nei decenni successivi che Vichi divenne il primo produttore di tv in Italia con circa mille dipendenti. Un periodo d’oro, durante il quale ogni famiglia italiana possedeva almeno un televisore Mivar, anche grazie al basso costo, che terminò nella seconda metà degli anni Novanta, quando la tecnologia del tubo catodico iniziò ad essere superata. Nel 1998 negli stabilimenti Mivar furono comunque prodotti quasi un milione di apparecchi, superando l’aggressiva concorrenza dei marchi giapponesi e sudcoreani, con i diversi modelli apprezzati soprattutto per il loro design. L’introduzione dello schermo piatto, e quindi di tv al plasma e LCD, e la delocalizzazione produttiva delle multinazionali occidentali e orientali, rappresentarono per l’azienda di Vichi l’inizio del declino, tanto da costringere alla cassa integrazione di 400 dipendenti. Nonostante il passaggio produttivo ai nuovi modelli LCD, per la Mivar la crisi non ebbe fine. Nel 2013 fu presentato il primo modello Smart Tv, mai prodotto però in adeguata serie. Pochi mesi più tardi la produzione di televisori termina del tutto, con la nascita di una nuova attività, la Milano Vichi Arredamenti Razionali, mai sviluppatasi completamente. Nel 2001 Vichi completò la sua «Fabbrica ideale», nuova sede della Mivar, progettata interamente da lui stesso e grande 120 mila metri quadrati. Proprio l’apertura del nuovo stabilimento incrinò definitivamente i rapporti con i sindacati. Ciò, insieme a simpatie per Hitler e Mussolini, ne minò la fama, in particolare per la dottrina “militare” che voleva si adottasse in fabbrica. Imprenditore puro, lavoratore instancabile, quando l’azienda aveva dovuto chiudere i battenti aveva dichiarato che avrebbe smesso di lavorare solo «quando mi trasformerò in spirito». Carlo Vichi si era sposato giovane nel 1944 con Annamaria Fabbri, con cui ha avuto quattro figli: Luisa, Maria, Valeria e Girolamo. Il suo ultimo desiderio è stato quello di un funerale senza la presenza di “autorità” nella fabbrica da lui disegnata.