Sono ambienti e spazi organizzati per poter accogliere alunni con esigenze specifiche, afferenti, però, alle scuole di riferimento, e risorsa frutto della sinergia di diversi soggetti istituzionali
Rimane il dubbio sulla reale efficacia di una inclusione “a scuola a tutti i costi” così come avviene, dove spesse volte la scuola diventa una sorta di parcheggio burocratico e non si riesce a fare nulla di veramente efficace e impattante per il futuro e il “dopo” del ragazzo.
Ogni percorso di inclusione deve considerare per forza l’obiettivo finale alla fine di ben tredici di scuola: e al momento per questi ragazzi c’è il nulla e ciò non può essere accettabile in una società equa che mira all’inclusione effettiva.
Nel dibattito circa l’inclusione effettiva degli alunni con disabilità sorgono spesso interrogativi circa le modalità e le possibilità, come abbiamo visto, di effettiva inclusione degli alunni con disabilità molto gravi. Infatti, ci sono situazioni che richiedono assistenza costante, personale specialistico, ausili e sussidi importanti e peculiari che la Scuola sola non può dare. Non di rado subentrano difficoltà quando si richiede la presenza di personale infermieristico e non mancano situazioni in cui insegnanti, collaboratori e assistenti si ritrovano nelle emergenze a dover gestire problematiche che o non rientrano nei loro compiti o per le quali non sono formati; il tutto, non di rado, si conclude con un orario ridotto o con la richiesta la collaborazione delle famiglie, sobbarcandole quindi di nuove difficoltà e ansie: e ciò assolutamente non è né giusto e né accettabile!
A tal proposito, trovo molto interessante un esperimento, che ha visto, ormai da alcuni anni, alcune scuole di Genova all’opera con la creazione dei cosiddetti “Poli gravi”, ora “Poli Risorse Educative Speciali” (RES), da alcuni anni riunitisi nella rete “Non Uno di Meno”, che coordina i progetti delle singole scuole.
Questi Poli RES sono ambienti e spazi organizzati per poter accogliere alunni con esigenze specifiche, afferenti, però, alle scuole di riferimento; sono concepiti come una risorsa frutto della sinergia di diversi soggetti istituzionali, con un protocollo di intesa: l’Ufficio Scolastico assegna i docenti di Sostegno; l’ASL garantisce il supporto di personale medico e infermieristico idoneo (aspetto di primaria importanza per i casi gravi e gravissimi); il Comune garantisce il trasporto, spazi attrezzati, ausili personalizzati e materiale parafarmaceutico, operatori socio assistenziali e servizio mensa; le scuole integrano tutte queste risorse con quelle presenti nella scuola e organizzano gli orari e le attività didattiche all’interno dell’offerta formativa.
Partendo da questi spunti e da queste riflessioni, sarebbe il caso di un ripensamento ministeriale “dal basso”, in sinergia con le ASL, che dovrebbero avere una parte importante e centrale in fase di individuazione e diagnosi, le associazioni dei diversamente abili, le famiglie e le scuole, per creare davvero una scuola pienamente inclusiva – e non solo sulla carta – che pensi al “dopo” dei ragazzi con disabilità.