È manifesto ormai il declino della città. Ci sono ancora possibilità di riscatto? Intanto, abbondano le denunce e le lamentele sul degrado ma mancano le analisi sui motivi della decadenza
di Angelo Verrillo
Innanzitutto: è del tutto vero che Nocera è capitale dell’Agro?
Io credo che questa convinzione sia in parte vera ed in parte falsa. È vera nel senso che, fino agli anni ’60, Nocera era la città più produttiva della zona e questo attirava nella sua orbita lavoratori, tecnici e professionisti. Inoltre, allora, Nocera era l’unica città della zona ad ospitare tutti i tipi di scuole superiori. Di conseguenza, accoglieva migliaia di studenti di altri comuni che stabilivano un legame con la città e rapporti umani duraturi con i loro coetanei. Per gli stessi motivi a Nocera veniva anche alimentato un sia pur limitato dibattito culturale. Infine, in quegli anni, Nocera era la seconda città della provincia; l’unica che avesse – allora – una popolazione superiore ai 50.000 abitanti.
Tuttavia, l’affermazione che Nocera è l’ex capitale dell’Agro, può anche dirsi falsa perché i suoi abitanti non hanno mai avvertito una forte “identità” cittadina. Per motivi storici che, per mancanza di spazio tralascio di ricordare, i suoi abitanti si sentono come membri di una “confederazione” di rioni. Nei rioni di Casolla, Piedimonte, Vescovado, Grotti, Cicalasi e Merichi, le persone si sono sempre associate e lì hanno sempre trascorso la loro vita. Anche i modi di esprimersi, rivelano tale verità. Un abitante di Piedimonte, quando si reca al centro cittadino dice ai suoi: vado a Nocera! La stessa ricorrenza della festa patronale di S. Prisco non viene vissuta – come a Pagani per S. Alfonso ed a Salerno per S. Matteo – come festa di “tutta” la comunità, ma viene avvertita come festa di quelli del “Vescovado”.
Anche i nocerini “illustri” non hanno mai trovato una facile accoglienza nella loro città, tant’è che sono potuti diventare “illustri” solo lontano dalle mura di Nocera. Domenico Rea, ad esempio, da ragazzo veniva preso in giro perché aveva la mania di voler “fare lo scrittore”. E, quando pubblicò il suo ultimo romanzo, alimentò una polemica “paesana” sull’attendibilità dei suoi ricordi, oltre che essere accusato di “infangare” l’immagine della città.
Non molto diversa la sorte capitata a Giuseppe Marrazzo e ad altri.
Ma andiamo avanti. Quando è perché la città ha cominciato a regredire? Pur con tutta la cautela del caso, sono convinto che Nocera abbia cominciato a perdere colpi quando – tra gli anni ’50 e ’60 – si sono intrecciate due tendenze che, combinandosi tra loro, hanno dato luogo ad un effetto perverso.
Durante quegli anni la città, da un lato ha subito il lento declino delle sue attività produttive; dall’ altro ha elevato l’attività edilizia a “volano” di tutta l’economia cittadina.
Per quanto riguarda il primo aspetto, sembra superfluo ricordare la crisi delle quella precedente dei molini e pastifici, oltre che quella successiva delle industrie conserviere. Tuttavia, proprio la continua chiusura di decine di industrie ha creato le premesse dell’attuale disordine urbanistico. Infatti, ogni qual volta un’azienda cominciava ad avere difficoltà, subito si pensava di utilizzare quei suoli per operazioni di speculazione immobiliare. Attraverso questo meccanismo, ad esempio, è sorta via Matteotti dove un tempo, al posto degli attuali orribili palazzoni, sorgevano splendide ville di proprietà di industriali conservieri. E, sempre con questo meccanismo, gli edifici abitativi hanno sostituito moltissimi opifici industriali.
Ad aggravare questa tendenza, sempre in quegli anni, cominciò un lento ma costante abbandono dei quartieri popolari, un fenomeno che – sommandosi all’inattività di decine d’ex fabbriche – finirà per determinare l’attuale situazione, per molti versi paradossale. In teoria, il patrimonio edilizio esistente – come metri quadri e metri cubi – dovrebbe essere più che sufficiente a soddisfare le esigenze attuali e future della città; nella realtà, la “domanda” di case continua ad essere tanto sostenuta da dar luogo a vere e proprie “aste” per l’aggiudicazione dei pochi alloggi che vengono realizzati.
Com’è stato possibile arrivare a tale degenerazione?
Intanto, per tutti gli anni ’50 e ’60, a Nocera non era vigente alcuno strumento urbanistico e l’adozione, agli inizi degli anni ’70, del Piano Regolatore, non fu mai completata dagli indispensabili Piani di Recupero. Dopo il terremoto del 1980, con il pretesto dell’emergenza, si cominciò poi ad approvare decine di “Varianti in Deroga” allo strumento urbanistico, con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Inoltre, da molti anni ormai, si avverte l’assenza di una vera “classe dirigente” cittadina. Non solo quella “politica”, ma una classe dirigente più vasta che comprende anche gli imprenditori più illuminati, il mondo della cultura, i ceti professionali e chi più ha a cuore le sorti della città.
Nocera è oggi una città terziaria senza nessuno dei “servizi” che caratterizzano le città terziarie. Non è affatto “povera”, anche se è presente un circoscritto “disagio sociale”. Il suo territorio è limitato ed è molto più piccolo di quello di comuni meno abitati della zona, oltre ad essere stato utilizzato, per decenni, in modo dissennato.
Da un punto di vista sociale, è senza dubbio una città senz’anima. L’unico argomento su cui i nocerini riescono a non litigare è la squadra di calcio. Il luogo dove ci si ritrova uniti è lo stadio dove, tra l’altro, non sempre ci si esprime a livelli di civiltà invidiabili.
Politicamente, non c’è limite al peggio: senza porre mano alla costruzione di una nuova classe dirigente cittadina, non si uscirà dalla situazione attuale e tale costruzione sarà nient’affatto semplice e indolore.