Per secoli, a partire dai tempi in cui Roma iniziò a diventare un solido impero, è stato il mezzo certo per identificare una famiglia e per risolvere le tante omonimie
di Gigi Di Mauro
Anche nell’Agro nocerino-sarnese, come in tutta la Campania (ma non solo), sopravvive ancora oggi ‘o scagnanome (a Napoli ‘o strangianome).
Cosa è, in realtà, lo scagnanome?
L’origine risale addirittura a 2000 anni fa, in epoca romana. I romani utilizzavano infatti tre nomi propri: il praenomen, che era il nome proprio di persona, il nomen, che era un cognome atto ad individuare la gens (la discendenza), e il cognomen, che indicava la famiglia. Ma spesso al cognomen si aggiungeva l‘agnomen, un vero e proprio soprannome che serviva a distinguere le sottofamiglie, e spesso si tramandava di padre in figlio.
In alcune zone, tutt’oggi, gli scagnanomi sono l’unico mezzo per identificare una persona, quasi una sorta di codice fiscale: non è passato molto tempo da quando Nocera Inferiore ha perso Tanino ‘o mariuolo. Quanti lo avrebbero identificato se qualcuno ci avesse chiesto: «Conosci Gaetano Bove?».
Insomma, dalle nostre parti, in barba al mondo ormai invaso dall’informatica, dai social network e dai telefonini, continua l’uso simpatico dello scagnanome per identificare con certezza le persone allo stesso modo dei secoli scorsi, quando le persone si chiamavano e si identificavano non con nome e cognome ma con nome e “soprannome”, volendo italianizzare il termine.
E così a Nocera Superiore nessuno conosceva Francesco Ruggiero, che è anche un bravo scultore in legno, ma era ed è tutt’oggi celeberrimo Ciccio ‘o scarpar. ‘O scagnanome spesso derivava dal lavoro svolto, come nel caso di Francesco Ruggiero, ma anche da qualche caratteristica fisica: Mimm ‘o squal è una celebrità a Nocera Inferiore al pari di Pierino pierpterra, di cui probabilmente nessuno mai ha conosciuto il cognome.
Celebre la salumeria e panineria napoletana “Panzallegra“, che si è guadagnata la fama grazie sia al voluminoso ventre del primo titolare che all’abilità nel preparare gustosi panini, anzi, “marenne” (merende).
A volte, quando non proviene dal lavoro (tipo Armando ‘o cravunar) identifica il luogo di provenienza (Peppe ‘o sarnese), altre volte è perfino offensivo (Nicola ‘o fetaciato o Nanninella ‘a culacchiona).
In famiglie numerose, in cui tutti i figli davano ai propri figli il nome dei nonni, ‘o scagnanome era l’unico modo per distinguere gli omonimi uno dall’altro. E così “‘o figlio e Ciccio ‘o ferrarecc” si distingueva dal suo omonimo figlio di un altro fratello con identico nome e cognome.
Ma questa tradizione, che abbiamo visto risale ad oltre 2000 anni, che è stata una parte fondamentale della nostra cultura, è destinata, almeno nelle città più grandi, ad estinguersi rapidamente.