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Carabinieri e Guardia di Finanza hanno portato a termine questa mattina all’alba una maxiretata che ha permesso di stroncare un giro del valore di 30 milioni di euro all’anno

oronero2Quarantacinque misure cautelari, di cui 26 in carcere e 11 agli arresti domiciliari e sequestri di immobili, aziende, depositi e flotte di autoarticolati.

È questo il risultato di una maxi operazione svolta sin dalle prime luci dell’alba da Carabinieri e Guardia di Finanza nelle province di Salerno, Napoli, Avellino, Caserta, Cosenza e Taranto, che ha fatto emergere collusioni con famiglie mafiose tarantine e del clan dei casalesi, che contrabbandavano idrocarburi per guadagni che si aggiravano intorno ai dieci milioni di euro. In sostanza venivano vendute, tra Taranto e il Vallo di Diano, ingenti quantità di carburante per uso agricolo a soggetti che lo immettevano nel normale mercato per autotrazione, utilizzando spesso le cosiddette “pompe bianche”. I sodalizi mafiosi ingannavano sia il sistema telematico dell’Agenzia delle Entrate per evitare fatturazione elettronica, sia eventuali controlli delle forze dell’ordine durante il tragitto, attraverso un meccanismo in grado di colorare il gasolio agricolo allineandolo con quello descritto nei documenti fittizi prodotti. In assenza di controllo, il camion giungeva ai depositi commerciali riconducibili agli indagati, simulava lo scarico del prodotto e il carico di gasolio per uso autotrazione ripartendo scortato da documenti fiscali di accompagnamento. Una volta giunto al destinatario finale senza controlli l’operazione non era registrata; si completava cosi la vendita in nero del carburante agricolo, utilizzato e venduto ad un prezzo quasi doppio  per normali fini di autotrazione. L’illecita attività ha fruttato rilevantissimi profitti, quantificati in circa € 30.000.000 ogni anno.
oronero1Restringendo il campo di interesse alla provincia di Salerno l’attenzione è stata subito concentrata sulla posizione della società Carburanti Petrullo s.r.l. di San Rufo, che nel giro di pochi anni avevano aumentato in maniera inspiegabile fatturati ed investimenti, in coincidenza con l’ingresso in società dei componenti della nota famiglia casertana dei Diana. Alla luce degli elementi indiziari raccolti durante le indagini tecniche e l’analisi delle segnalazioni per operazioni sospette, è emerso che i capitali cosi illecitamente acquisiti venivano successivamente reimpiegati, tra l’altro, nell’acquisizione di beni immobili e quote societarie, realizzando un’economia illecita “circolare”, che ha permesso alla famiglia Diana di affermarsi gradualmente quale player commerciale di riferimento nella compravendita illegale di idrocarburi nel Vallo di Diano, alterando le dinamiche del libero mercato e della concorrenza. Tra i due gruppi, quello carripario/lucano e quello tarantino sono via via sorte forti fibrillazioni, soprattutto legate al fatto che il Petrullo, resosi conto di aver quasi completamente perso la concreta gestione della propria società, aveva tentato di accordarsi in segreto con i tarantini. Tali attriti non sono sfociati in una vera e propria “guerra” solo in ragione del comune interesse a non sollevare eccessivi allarmi sulle attività illecite perpetrate, estremamente lucrose per entrambe le parti.
oronero3Varie, del resto, le ulteriori condotte illecite accertate al termine delle investigazioni, tra cui anche la partecipazione ad una gara per la fornitura di carburanti a favore del Consorzio di Bonifica dei Bacini del Tirreno Cosentino, aggiudicata attraverso un accordo irregolare. È stato altresì ricostruito il ruolo di informatore tenuto da un carabiniere “infedele” che, in cambio di svariate taniche di gasolio poi vendute a terzi, ha fornito al sodalizio informazioni inerenti alle attività d’indagine a carico dei consociati. Particolarmente notevole l’entità delle misure reali accolte dai GIP di Potenza e Lecce, i quali hanno disposto il sequestro preventivo delle società Carburanti Petroli s.r.1., Dipiemme Petroli s.r.1., Tor Petroli s.r.1., Autotony s.r.l. ed altri 8 compendi aziendali oltre a denaro contante, veicoli, camion, autocisterne, immobili, beni di pertinenza dei singoli indagati, fino alla concorrenza di un ammontare complessivo di circa 50 milioni di euro.

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