In pochi lo sanno, ma il corso d’acqua artificiale fu voluto e realizzato dal re angioino per agevolare la costruzione della Badia di Realvalle. Nel tempo ha perso la sua funzione di collegamento fino a trasformarsi in un fossato maleodorante, tra le principali cause d’inquinamento del Sarno
di Nello Vicidomini
Oggi si presenta come un piccolo canale alimentato da scarichi industriali abusivi e spesso colmo di rifiuti, una via di mezzo tra uno scolo d’irrigazione e una fogna a cielo aperto. Ma quasi 800 anni fa il Fosso Imperatore serviva le popolazioni dell’Agro come via veloce verso il fiume Sarno. E agli occhi degli abitanti dei villaggi della valle non doveva apparire proprio come è adesso.
Il canale artificiale fu infatti realizzato per scelta del re di Sicilia (e poi re di Napoli) Carlo D’Angiò. L’attuale configurazione del bacino idrografico del Sarno è in effetti il risultato della sovrapposizione di molteplici interventi strutturali che, nel corso dei secoli, hanno progressivamente stravolto i naturali scenari originari. La prima di queste alterazioni fu proprio lo scavo del Fosso Imperatore in epoca angioina, necessaria per collegare la sorgente di San Mauro, oggi nel Comune di Nocera Inferiore, con un punto del fiume Sarno posto a nord di San Marzano Sul Sarno. La sua costruzione fu avviata nel 1270 su disposizione diretta, come già detto, di Carlo d’Angiò, il quale aveva la necessità di facilitare il trasporto di pietre e legname, indispensabili per la realizzazione della Badia di Realvalle, nell’attuale territorio di Scafati. Il tutto fu messo a punto dagli abili ingegneri che frequentavano la corte reale, con l’essenziale studio della pendenza, vista la stessa altitudine tra l’inizio e la fine del tracciato. L’area di San Mauro era allora adibita a piccolo “porto” fluviale, dove confluivano i grossi tronchi ricavati sui Lattari e sui Picentini, ma soprattutto materiali come il tufo, la calce e la ghiaia estratti nelle storiche cave e tufare nocerine sparse tra le colline di Fiano, Torricchio e Castel San Giorgio. Nuceria Christianorum, come era riportata nei codici dell’Abbazia di Cava, era in quell’epoca una città molto viva: stava vedendo lo sviluppo dei suoi numerosi casali – tra cui Cortimpiano, la futura Pagani – dopo la lotta interna ai Normanni che si concluse proprio nella “battaglia di Nocera” con la vittoria di Rainulfo di Alife ai danni di Ruggero II di Sicilia. Carlo d’Angiò aveva una grande considerazione di Nuceria, al punto che il sovrano trascorreva spesso il suo tempo nel castello del Parco che ampliò trasformandolo in una residenza. In questo contesto, prese vita l’idea di edificare un’abbazia destinata ai benedettini: Santa Maria di Realvalle. Secondo la leggenda, il sovrano angioino promise alla Madonna di costruire una chiesa in un bosco se avesse vinto contro re Manfredi. Molti anni dopo la vittoria, effettivamente predispose la costruzione della Badia e fece insediare 37 monaci cistercensi provenienti da quella di Real Monte: i lavori ebbero inizio nel 1274 sotto la supervisione dell’architetto Pierre de Chaule nella riserva di caccia chiamata Nemus Schifati, e si conclusero nel 1284. Il canale fu quindi pronto per la navigazione dei lontri carichi di materiale da costruzione nel giro di quattro anni dall’inizio degli scavi, dal 1270 al 1274. Il suo percorso taglia l’Agro nocerino-sarnese in direzione est-ovest ed è per lo più rettilineo. In quell’epoca doveva essere sicuramente qualche metro più largo rispetto ad oggi, ristretto nel tempo per realizzare strade, abitazioni e fabbriche. Nel corso dei secoli il Fosso Imperatore è stato usato soprattutto come collettore dei canali di irrigazione dei fertili terreni. Oggi non è più alimentato dalla sorgente di San Mauro, inglobata in parte in aree private e destinata anche ad altri utilizzi oltre all’agricoltura. Per questo motivo dopo il primo tratto, il canale è sprovvisto di acqua in gran parte dell’anno. Almeno così dovrebbe essere. Purtroppo, infatti, a causa di scarichi industriali e civili abusivi – realizzati in concomitanza con la nascita dell’adiacente zona industriale – spesso è invaso da acqua tutt’altro che pulita. Negli ultimi anni il Fosso Imperatore è balzato agli onori della cronaca spesso proprio per il suo inquinamento, vittima della spregiudicata mano dell’uomo. A rendere ciò ancora più grave, è l’assenza di pendenza provocata dall’accumulo di detriti in alcuni punti: di conseguenza, si creano vere e proprie paludi di acqua melmosa, inquinata e maleodorante. Situazione incresciosa ben nota agli abitanti delle zone di confine tra Nocera e San Valentino Torio, o tra Pagani e San Marzano sul Sarno. Nonostante la continua chiusura di condotte illegali, le indagini dei Carabinieri e i lavori di pulizia e manutenzione da parte del Consorzio di Bonifica, non è comunque raro notare accumuli di pomodori – specialmente nella stagione estiva -, carcasse di animali, rifiuti vari e addirittura acqua colorata frutto di sostanze chimiche diluite al suo interno. Insomma, un “monumento” finito per diventare una vera e propria cloaca nell’indifferenza generale. Non è toccata sorte migliore alla stessa abbazia di Realvalle: abbandonata dai cistercensi in seguito alla soppressione dei monasteri da parte di Murat nell’Ottocento, nel 1938 passò alle suore alcantarine per donazione, ma ben presto divenne in buona parte inabitabile: oggi si trova in avanzato stato di degrado nonostante la bellezza della sua architettura che mescola il gotico francese, il barocco e stili più moderni.