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Il web può e deve diventare uno strumento e un ambiente di apprendimento, ma tocca ai docenti far comprendere ai discenti i rischi, abituandoli a lavorare in maniera proficua e ottimale
 
di Francesco Li Pira
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Come comunità educativa noi tutti siamo chiamati a progettare o individuare percorsi curriculari che siano quanto mai aderenti alla realtà del territorio, alla platea dei discenti (dato più importante) e che seguano comunque le “Nuove Indicazioni”.
Si deve insomma impostare una nuova progettazione didattica, anche innovativa e sperimentale (noi docenti per il nostro stesso scopo educativo siamo e dobbiamo essere sperimentatori) da un punto di vista di curriculo formativo, che necessariamente, per le singole scuole, deve scaturire dai Consigli di classe e dal Collegio dei docenti, col necessario coinvolgimento delle funzioni strumentali, e liberamente può essere migliorata in itinere dai singoli docenti con una pianificazione progettata e discussa nei rispettivi dipartimenti.
Quello che è infatti richiesto è non solo una qualità dell’insegnamento, ma anche una sinergia proficua e collegiale tre le varie componenti scolastiche, per la creazione di un sistema complesso e integrato del sapere con numerosi spunti di discussione e ricerca-azione.
Se, come diceva Zannini, l’insegnamento della storia era basato su un tripode (manuale, lezione frontale, interrogazione orale), oggi, e non parlo solo per storia, non solo sono cambiati i manuali – e spesse volte in peggio a causa della eccessiva semplificazione (ma gli alunni non debbono imparare a ragionare e saper affrontare i problemi trovando varie soluzioni?) o a causa della necessità di ridurre importanti passaggi storici a concetti chiave, spesse volte decontestualizzati o assolutizzati (ma non sarebbe forse il caso di ritornare alla vecchia concezione per cui i ragazzi sviluppavano le loro abilità trasversali e selezionavano le informazioni più importanti?) – ma è cambiato o sta cambiando il come si insegna.
I manuali odierni non hanno più quella connotazione autorale che li faceva appellare con l’articolo determinativo davanti (con il marchio inconfondibile spesse volte anche ideologico dell’autore e dell’insegnante che li proponeva) e non presentano più solo una narrazione in chiave lineare, ma presentano, nel caso migliore e auspicato, una molteplicità di apparati didattici – con il superamento dell’ottica eurocentrica (che rispecchia anche la eterogeneità delle classi e valorizza maggiormente il pluriculturalismo) – e l’articolazione in macro-sezioni e apparati di corredo che sono gli e-book.
Eccezion fatta per alcuni libri di buon livello, non di rado la maggior parte tende ad essere solo una versione online del libro e ciò pregiudica moltissimo la ricchezza stessa di un e-book e la sua stessa ragion d’essere, obbedendo, quindi, solo formalmente al DL 112/2008 (e quindi alla L. 221/2012 e al DM 781/2013, in particolare All. 1).bambini touchscreen1
Ritorniamo quindi alla domanda iniziale “Ma oggi c’è storia? Che barba, professore! Ma, poi, a che serve? Se voglio sapere qualcosa c’è internet!”.
Chiarita la prima parte della domanda, passiamo alla seconda parte … effettivamente ci sono le Tlc e c’è il web, croce e delizia.
Il web può e deve diventare uno strumento e un ambiente di apprendimento tramite i diversi device: sta a noi docenti far comprendere ai discenti i rischi e le immense potenzialità, abituandoli a lavorare in maniera proficua e ottimale, anche sulla base del PNSD, anticipato da Indire col portale Scuola Valore e col progetto Didatec.
Il web, assieme alla libertà offerta dal MIUR con la circolare 2013 di non adottare libri cartacei e utilizzare semplicemente i contenuti digitali in rete, pone una sfida che è, per l’appunto, quella di realizzare anche con gli alunni “il” libro di testo ritenuto, classe per classe, il più efficace e adeguato, anche mediante un lavoro – questo sì davvero laboratoriale – di approfondimento e ricerca, utilizzando magari poi un CMS (Content Management System) o un editor specifico (Academia o ePubEditor), mentre per i DSA, BES e DVA, sarebbe interessante l’utilizzo di software come Timeline JS, Timetoast, Myhistro, Crowdmap, eccetera.
Un passo in avanti, seppur modulato e cadenzato in attesa di una vera scuola smart o interattiva, è quello che l’apposita commissione ministeriale sta valutando, cioè l’uso degli smartphone in classe che, adeguatamente normato e regolamentato, permetterebbe una fruizione/interazione immediata da parte di tutti gli alunni.
Ciò ovviamente, amplificando moltissimo il concetto di cooperative learning, permetterebbe di superare l’ostacolo del computer unico in classe o del trasferimento nel laboratorio informatico e permetterebbe ai ragazzi di acquisire una consapevolezza nell’utilizzo dei device e delle potenzialità del web.
Il punto focale rimane comunque il lavoro di reperimento, su piattaforme scientifiche e adeguate, del materiale storico, la verifica e scrittura/riscrittura del testo , affiancando quindi alla webquest (cioè la ricerca sul web, strutturata in modo che l’alunno usi bene il proprio tempo, focalizzandosi su come usare le informazioni per supportare il suo pensiero di analisi, sintesi e valutazione del dato) gli strumenti per una ricerca effettiva e sicura sul web e introducendo l’uso di alcune applicazioni del pacchetto Office.Tutto ciò, quindi, permette di approfondire in modo interessante e coinvolgente gli argomenti disciplinari con un approccio non solo più vivo, ma anche con:
• pratiche di didattica ‘dal basso’, di didattica ‘partecipativa’ e di cooperative learning;
• approccio per i discenti al lavoro con documenti, con progressiva consapevolezza e senso critico, sviluppando quindi non solo le conoscenze, ma anche le competenze fondamentali per lo sviluppo di un sapere consapevole;
• sviluppo di abilità trasversali (capacità di prendere appunti e redigere vari testi con progressiva difficoltà a scalare);
• sviluppo di varie competenze digitali.
In particolar modo nella DAD, queste strategie (non dimenticando mai che il nostro tripode è: preoccuparci di fornire delle basi, delle coordinate e delle conoscenze), assieme a quelle che di volta in volta il docente decide di sperimentare e mettere in atto, rappresenteranno un passo ulteriore e in più nella costruzione di una scuola inclusiva per tutti, plurale e di ‘qualità’, che sia in grado di affrontare le sfide future, mantenendo ben saldi i classici principi di humanitas che caratterizzano la nostra professione docente.

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