Avevano “svuotato” il patrimonio di una società in bancarotta, lasciando in piedi solo i debiti con il Fisco. I due fratelli ora rischiano fino a 10 anni di carcere
Su ordine della Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, i finanzieri del Comando provinciale di Salerno hanno eseguito il sequestro preventivo di beni, fino alla concorrenza di circa 800 mila euro nei confronti di due imprenditori di Angri, operanti nel settore della fabbricazione di impianti elettrici per le industrie, ritenuti responsabili dei reati di bancarotta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Gli accertamenti delle Fiamme Gialle della Compagnia di Scafati sono iniziati nel mese di luglio 2018. quando è stata dichiarata fallita la società angrese.
Nel corso delle indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore dottor Davide Palmieri, è emerso che nell’ultimo biennio l’impresa aveva accumulato debiti con il Fisco per diverse centinaia di migliaia di euro. Somme che hanno causato il dissesto finanziario dell’azienda, la quale di contro nel 2015 vantava un attivo di quasi un milione e 300 mila euro.
Nel ripercorrere le vicende societarie i militari hanno scoperto che, proprio per ostacolare la ricostruzione del patrimonio societario, destinato alla liquidazione dei creditori “insinuatisi” nell’asse fallimentare, gli imprenditori avevano falsificato i bilanci e distrutto o comunque occultato la documentazione contabile, “svuotando” in breve tempo l’azienda di tutti i beni.
Tra questi, innanzitutto il denaro, fatto appositamente confluire su conti correnti personali o di società comunque riconducibili ai due, nonché una nuova e lussuosa Audi A8L, intestata ad un vicino di casa, pur di impedire che venisse acquisita dallo Stato.
L’esposizione debitoria risulta ancora più grave, se si considera che è stato riscontrato pure l’omesso accantonamento del TFR spettante al personale dipendente, quantificato in circa un milione di euro.
I Finanzieri di Scafati, su disposizione del Gip, hanno sequestrato un edificio di 15 vani ed un ampio opificio in uso all’azienda, un’autorimessa e 3 appartamenti, per il valore complessivo di circa 800 mila euro, garantendo in questo modo il ristoro dei crediti dell’Erario.
Se le accuse saranno confermate, i responsabili rischiano una condanna fino a dieci anni di reclusione.