Delle decine di mutazioni trovate, le più note sono quella inglese, quella africana e quella brasiliana. Basteranno i vaccini che abbiamo a disposizione a fermarle?
di Fabrizio Manfredonia
Oltre all’ennesimo cambio di colore delle regioni, con la Campania da oggi arancione in compagnia di Molise ed Emilia Romagna, tiene banco, ad un anno dall’esplosione della pandemia, la discussione sulle cosiddette varianti del COVID-19.
La prima cosa da sapere è che un virus replicandosi e creando copie di se stesso, tende a cambiare leggermente. Questi cambiamenti servono, ad esempio, a passare con maggiore facilità da un essere umano all’altro, oppure a resistere alle difese immunitarie. È quello che sta succedendo al COVID-19. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità esistono già centinaia di mutazioni, alcune delle quali destano maggiore preoccupazione alla comunità scientifica.
Tra queste la variante inglese, quella africana e quella brasiliana.
La prima, isolata nel settembre del 2020, sembrerebbe essere più contagiosa ovvero con una maggiore trasmissibilità: non è chiaro però se alla contagiosità si affianchi una maggiore gravità della malattia. In Italia il 17% dei nuovi casi deriva proprio da questa mutazione. Preoccupa la situazione della Campania dove il 25% dei nuovi contagiati ha a che fare con la variante inglese.
Anche la mutazione africana sembrerebbe avere una maggiore trasmissibilità sebbene inferiore a quella inglese. Della mutazione africana esistono già ulteriori versioni come quella individuata a Napoli dall’Istituto Pascale e dall’Università Federico II.
La brasiliana, trovata a gennaio 2021 in Giappone su quattro viaggiatori provenienti dal Brasile invece, oltre a diffondersi facilmente, avrebbe una propensione alla reinfezione: in altre parole tende a contagiare anche chi è già guarito una volta.
La domanda da un milione di euro che l’insorgenza delle mutazioni genera è se il vaccino per il COVID-19 sarà efficace anche in questi casi.
La risposta è che non si sa con certezza. Mentre sembrerebbe funzionare in particolare quello prodotto da Pfizer con il ceppo inglese sarebbe meno efficace per i ceppi africano e brasiliano per i quali sarebbe al lavoro Moderna.
Attenzione, minore efficacia non significa nessuna efficacia: la vaccinazione resta l’arma migliore per uscire dalla pandemia.
Altre armi sono, come sempre, indossare la mascherina e ricordarsi di fare distanziamento: un virus, che è essenzialmente materiale genetico racchiuso in un “guscio” proteico, da solo non può fare molto necessitando di un organismo da infettare; se queste minuscole entità trovano la porta chiusa diventano innocue.
Ulteriore strumento per limitare la diffusione delle varianti, secondo il virologo Andrea Crisanti, sarebbe il lockdown nazionale come a marzo dello scorso anno. Ma, dopo le scene da zona gialla delle ultime settimane, in quanti accetterebbero di buona lena una misura tanto dura?