Preziosissime e sacre per egizi e babilonesi, le ghiandole che contengono la virilità dell’uomo sono state cantate da filosofi e poeti. E i due fratelli pagano l’esser citati in coppia nei Vangeli

di Gigi Di Mauro

Giovanni, l’evangelista, e Giacomo maggiore: due apostoli di Gesù Cristo fratelli fra di loro e figli di Zebedeo. Avrebbero mai potuto immaginare che nel tempo sarebbero diventati, in qualità di Zebedei, sinonimi della famosa coppia di ghiandole che allieta la virilità?

Le ghiandole in questione, per inciso, in passato erano considerate sacre, proprio perché attraverso di esse l’uomo poteva generare eredi. Lo erano per i babilonesi e per gli egizi.
Anche per il “popolo eletto” della Bibbia i testicoli erano importantissimi: lo dimostra Genesi 24:2, quando Abramo implora il suo servo fidato a non far si che il figlio sposasse una Cananea, e gli chiede di giurare in modo solenne: “Allora Abramo disse al suo servo, il più anziano della sua casa, che aveva potere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia»“.
La coscia, ovviamente, è un “sinonimo” dei testicoli, così come l’espressione biblica di “scoprire i piedi” significa scoprire quel che i testicoli adornano.
Tra l’altro lo stesso nome italiano, testicoli, ricorda come siano stati “piccoli testimoni” di importanti giuramenti.
Da cosa nasce dunque questo apparentemente irriguardoso accostamento dei due apostoli con i testicoli, o coglioni che dir si voglia (ma in italiano ci sono ben 101 termini per identificarli)?
Dal fatto che nei Vangeli sono sempre nominati in coppia: ‘filii Zebedaei‘. E coppia oggi, coppia domani, chi è sempre alla ricerca di doppi sensi ha cominciato ad usare la parola zebedei per indicare un’altra coppia, anche perché pare che chiamarli in tal modo appaia meno volgare di palle, coglioni o altro.
Curiosità
I protagonisti del nostro articolo sono stati cantati in sonetti nel 1500 da Antonfrancesco Grazzini (In lode dei coglioni idest Granelli); da Pietro Aretino in “Sonetti lussuriosi“; da Gioacchino Belli in “Penzieri libberi“. Inoltre il filosofo Giordano Bruno li ha citati nel “Candelaio“.
Ancora: l’espressione “tener stretti per le palle” era già nota ai latini. La usò anche Gaio Petronio nel “Satyricon“.
Quindi, la prossima volta che volete dire a qualcuno che ha “fatto una coglionata”, pensateci bene: vista la preziosità degli zebedei, potrebbe essere un complimento.

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