48 persone beneficiavano del sussidio pur possedendo case e veicoli di valore non dichiarati. Scoperti dalla Guardia di Finanza, ora rischiano fino a sei anni di reclusione. In corso il recupero delle somme di cui si sono appropriati, pari a circa 330mila euro
di Redazione
Nel corso dell’anno, i Finanzieri del Comando Provinciale di Salerno hanno eseguito una serie di controlli in materia di indebita percezione del “reddito di cittadinanza”, con lo scambio informativo ed in stretta sinergia con l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, denunciando quasi 50 beneficiari per irregolarità riscontrate nelle loro istanze.
Gli accertamenti, svolti dalle Fiamme Gialle delle Compagnie di Cava de’ Tirreni, Nocera Inferiore e Scafati con il coordinamento di Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, hanno riguardato la posizione di quei percettori che, dopo una prima scrematura, avevano evidenziato segnali di anomalie in merito alle situazioni reddituali comunicate all’INPS, competente all’erogazione del beneficio. Nel procedere al successivo confronto delle certificazioni prodotte con le informazioni acquisite attraverso le banche dati in uso al Corpo, i militari hanno in effetti accertato notevoli discrepanze, constatando che 48 soggetti, tutti dell’Agro nocerino-sarnese, non avevano dichiarato il possesso di beni, liquidità e fonti di reddito che non avrebbero consentito l’accoglimento delle loro domande. Si passa da chi aveva dichiarato di dover pagare il canone di affitto dell’appartamento, quando in realtà ne era proprietario e ne riscuoteva il canone, a chi aveva “dimenticato” di segnalare l’acquisto di auto e moto di grossa cilindrata o le cospicue rendite finanziarie maturate. Ma ciò che più salta all’occhio è, in un paio di circostanze, l’omessa dichiarazione della proprietà di abitazioni, diverse dalla prima casa, del valore di circa 300 mila euro. Anche l’esame dei conti di gioco ha fatto emergere che cinque degli indagati hanno messo insieme, complessivamente, 200.000 euro di vincite online, delle quali non c’è traccia nelle dichiarazioni presentate. Non poteva mancare, infine, chi riceveva il sussidio ed è stato scoperto a lavorare “in nero” nella ditta di un parente o chi, di fatto, non era residente in Italia da almeno due anni continuativi (il requisito di permanenza minimo), tant’è che era ormai iscritto all’AlRE (il Registro degli Italiani Residenti all’Estero), essendosi trasferito in maniera stabile fuori dal Paese da più di dodici mesi. I responsabili, segnalati all’INPS per la revoca immediata del contributo, sono stati pure denunciati a piede libero per l’ipotesi di reato prevista dalla legge che ha introdotto il reddito di cittadinanza, nel caso di chi ha illecitamente goduto dello specifico aiuto, delitto per cui rischiano adesso la reclusione fino a sei anni. Sono già in corso le operazioni di sequestro e recupero delle somme illegalmente intascate, in tutto pari ad oltre 330 mila euro.