la Ferrari sequestrata dalle Fiamme Gialle

Due teste di legno, un vero amministratore e tre commercialisti al centro della truffa fiscale scoperta dalle Fiamme Gialle. Ora rischiano fino a sei anni di carcere
la Ferrari sequestrata dalle Fiamme GialleOltre 400 mila euro in contanti, 15 fabbricati e 22 terreni, nonché una serie di beni di lusso, tra i quali orologi e quadri di pregio, una lussuosa villa sita nel capoluogo lombardo da mezzo milione di euro, una Porsche 718 Cayman e una fiammante Ferrari 612 Scaglietti.

È quanto la Guardia di Finanza, su ordine della Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, ha sequestrato a sei persone tra commercialisti ed amministratori di una società di Milano, ritenuti a vario titolo responsabili di un’evasione fiscale quantificata in oltre 2 milioni e mezzo di euro.
Le prime indagini sono state avviate nel 2016, da parte delle Fiamme Gialle di Vallo della Lucania, insospettite dal fatto che un imprenditore aveva spostato nel piccolo Comune cilentano di Laurino (SA) la sede di una delle sue imprese, operante nel settore dell’impiantistica termica. finanza porsche
Un trasferimento anomalo e, soprattutto, avvenuto solo sulla carta. Come riscontrato infatti dai militari nel corso di un sopralluogo, presso il nuovo indirizzo non vi era alcuna traccia dell’azienda. Non un’insegna o una cassetta postale, né tantomeno un locale o un magazzino che ne provasse l’operatività.
L’inchiesta ha, da quel momento, preso tutt’altra piega: per fare luce sulla vicenda, i Finanzieri hanno aperto una verifica per approfondire la posizione fiscale della società, che di fatto aveva mantenuto cuore e anima nel centro meneghino, a due passi dal Duomo. finanza orologi
Le Fiamme Gialle hanno accertato che, dal 2013 al 2015, l’impresa aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse da diverse aziende, tutte riconducibili al medesimo titolare. Al centro della vicenda c’è un vero e proprio sodalizio di matrice calabrese, con al vertice l’amministratore di fatto della società, principale artefice della truffa, e, a seguire, i due rappresentanti legali, mere teste di legno. Tutto è avvenuto con la collaborazione attiva e fondamentale di tre commercialisti, che compilando documenti fasulli hanno contabilizzato crediti IVA inesistenti per cifre enormi, ai quali la società ricorreva sistematicamente per annullare le imposte che avrebbe dovuto versare.
Gli indagati dovranno ora rispondere dell’accusa di evasione fiscale mediante l’indebita compensazione di crediti d’imposta fittizi, reato per il quale rischiano la reclusione fino a 6 anni.

 

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