Il dirigente medico, responsabile del reparto di oncologia, è finito in manette con l’accusa di omicidio colposo plurimo. Sospeso anche un secondo medico, Marco Clemente. Operazioni pericolose e non necessarie alla base delle accuse
di Fabrizio Manfredonia
È finito ai domiciliari Carmine Napolitano: il medico, primario del reparto di “Unità funzionale di chirurgia generale e chirurgica-oncologica” della clinica salernitana Tortorella, è accusato di aver praticato interventi inutili frutto di diagnosi sbagliate, che avrebbero portato al decesso di diversi pazienti.
Nella stessa inchiesta è arrivato un provvedimento di sospensione per Marco Clemente, medico chirurgo dello stesso reparto, che avrebbe avuto un ruolo attivo e co-decisionale nella scelta dei trattamenti sanitari. Il medico non potrà, per il momento, svolgere la propria attività in alcun centro pubblico o privato.
Le indagini sono cominciate a seguito di un sospetto incremento di decessi nel periodo tra il 2017 e il 2018, che ha portato i carabinieri della compagnia di Salerno, coordinati dalla procura locale, ad esaminare 83 cartelle di pazienti della clinica. Il dato emerso è agghiacciante: sarebbero state portate a galla diagnosi sbagliate, interventi inutili a fronte di malattie oncologiche in avanzata stadiazione e ipotesi di lesioni colpose.
I suddetti interventi chirurgici sui quali si è concentrata la procura sarebbero stati caratterizzati, si legge negli atti della procura, da «imperizia nella fase esecutiva e dalla totale negligenza nella gestione della fase post operatoria, con omissione dei prescritti controlli e indagini diagnostiche a fronte dell’evidente insorgenza di complicanze».
Dall’assunzione dei due medici nel 2017 la procura ha riscontrato un aumento dei ricoveri per alta specialità chirurgica e un conseguente aumento dei morti: dal dato statistico in rapporto ai decessi negli anni precedenti e dalle autopsie disposte per 5 pazienti deceduti è infine emerso, come è possibile leggere nell’analisi dei periti nominati dalla procura che Napolitano e Clemente operavano «in maniera superficiale per scelte terapeutiche rischiose e sproporzionate, violando reiteratamente i protocolli di sala operatoria e mantenendo lo stesso contegno di assoluta imprudenza anche nelle fasi successive all’esecuzione di interventi chirurgici ad alta percentuale di rischio di complicanza post operatoria».