È una frase del nuovo Padre Nostro a generare le maggiori critiche: “Non abbandonarci nella tentazione” è una traduzione assolutamente lontana dal testo originale!
Arriva dal 29 novembre in tutto il mondo cattolico, e nella diocesi di Nocera e Sarno, il nuovo messale romano. Cambiamenti che fanno in realtà storcere il naso ad alcuni esperti linguisti.
«Questa terza edizione – fa sapere la curia – rappresenta l’ultima tappa di un cammino di Chiesa che, fedele alla via tracciata dalla riforma conciliare, «riforma irreversibile», riconosce alla liturgia un’importanza decisiva nella vita delle comunità e un ruolo determinante nel suo impegno di evangelizzazione. Nella nostra diocesi la nuova edizione sarà utilizzata dal 29 novembre, prima domenica di avvento. Il suo uso diventerà obbligatorio dalla prossima Pasqua, il 4 aprile 2021».
Quali le novità, e quali le contestazione che gli esperti di Antico Testamento e delle lingue greca ed ebraica muovono al nuovo messale? Cambiano alcune parti del Gloria e del Padre Nostro, ma modifiche si trovano anche nelle preghiere eucaristiche e in altre parti della liturgia. Per esempio, il “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà” viene sostituito da “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore“. Ma la modifica più “eclatante” riguarda il Padre Nostro. Sparisce il “Non indurci in tentazione” per essere sostituito dal “Non abbandonarci nella tentazione“. E qui molti non sono d’accordo. Tra questi l’esperto biblista ed ex traduttore per conto delle edizioni San Paolo Mauro Biglino. «A parte che il Padre nostro non è una preghiera originale di Gesù ma una raccolta di invocazioni che gli ebrei rivolgevano a Yahweh, il testo greco recita: καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν, ovvero, “Non portare noi dentro la prova“, e non si riferisce al Dio che ci mette di fronte al male per vedere se noi resistiamo alla tentazione del peccato. Leggendo l’antico testamento infatti è facile riscontrare come Yahweh costantemente mettesse alla prova il suo popolo, costantemente verificasse la fedeltà del suo popolo. E se il suo popolo non superava la prova lo punisse durissimamente. Quindi l’invocazione del popolo “Non portare noi dentro la prova” , e sottinteso, perché sappiamo che non la supereremo”.