“È fatto obbligo ai bar, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari di chiusura dell’attività dalle ore 23,00 alle ore 06,00 del giorno successivo, nei giorni da domenica a giovedì; dalle ore 24,00 alle ore 6,00 del giorno successivo, nei giorni di venerdì e sabato. Fanno eccezione gli esercizi presenti all’interno di strutture di vendita all’ingrosso che osservano orari notturni di esercizio;
Ai ristoranti, pizzerie ed altri esercizi della ristorazione (pub, vinerie, kebab e similari), è fatto obbligo di prevedere l’ultimo ingresso dei clienti nonché degli avventori per asporto alle ore 23,00, per l’intera settimana. Le consegne a domicilio sono consentite senza limiti di orario”.
Recitano esattamente in questi termini i punti 1.1 e 1.2 dell’ordinanza 75, l’ultima in ordine di tempo, emanata dalla Regione Campania lo scorso 5 ottobre.
Un provvedimento che ha fatto discutere sin da subito, visto l’ingente danno arrecato ai titolari delle attività commerciali , costretti ad abbassare le saracinesche con largo anticipo rispetto agli orari abituali in un periodo storico tutt’altro che positivo per l’economia nazionale e mondiale.
Un provvedimento che, come un po’ tutti quelli adottati durante la pandemia, presenta diverse incongruenze. Proviamo, anche attraverso le segnalazioni di alcuni nostri lettori, ad analizzarne alcune.
Ridurre la fascia oraria di apertura di un ristorante, di un bar o di una pizzeria impone a tutti i clienti prenotazioni anticipate rispetto alla consuetudine, con il forte rischio di eccessivo numero di persone ammucchiate in spazi limitati sia all’interno che all’esterno del locale; un controsenso se si considera che tale ordinanza è nata con l’idea di ridurre al massimo gli assembramenti.
Assembramenti che si verificano, costantemente sui mezzi di trasporto pubblici. Bus, treni e metropolitane sono pieni all’inverosimile, soprattutto negli orari di punta di apertura e chiusura di scuole, uffici ed università. Non sarebbe stato opportuno raddoppiare, se non triplicare, le corse almeno in determinate fasce orarie? Un’operazione che, magari, avrebbe permesso anche l’assunzione di nuovo personale. Due piccioni con una fava, dal momento in cui il governatore “sceriffo” pubblicizza le migliaia di nuovi posti di lavoro a disposizione dei giovani campani.
Inutile soffermarsi su quanto stia accadendo all’esterno delle scuole, con genitori sorpresi spesso e volentieri a chiacchierare, tra una sigaretta e l’altra senza mascherina e senza alcuna distanza minima rispettata.
L’aspetto che, probabilmente, stride maggiormente col senso dell’ordinanza è la regolare apertura di sale gioco notturne e sale bingo oltre le ore 23 (o anche le ore 24). È risaputo che proprio le sale bingo rappresentano il luogo col maggior pericolo di assembramento, peraltro in ambiente chiuso. Persone che magari non si conoscono, che non appartengono alla categoria dei “congiunti” per usare un termine che il premier Conte ama particolarmente, siedono allo stesso tavolo, spesso con la mascherina abbassata, per sfidare la sorte e tentare di portare a casa il montepremi in palio. Nulla in contrario, ovviamente, nei confronti dei gestori delle sale gioco ma fermandosi a riflettere c’è qualcosa che non va in questo improvviso stop all’economia dei locali della movida. Non sarebbe meglio riportare tutto alla normalità e intensificare, ma per davvero, i controlli, punendo seriamente clienti ed esercenti che non rispettano le normative relative all’utilizzo della mascherina, al controllo della temperatura, alla registrazione del documento di identità, al distanziamento e alla collocazione ai tavoli? Tante domande che difficilmente troveranno una risposta, mentre a pagarne le pene sono quei lavoratori che contribuiscono in maniera significativa all’economia dell’intero Paese.