Continua il nostro viaggio nei fasti e nella storia della città ricordando un evento che segnò un cambiamento nel mondo operaio, e il primo sindacalista Giuseppe Vicidomini
di Angelo Verrillo
Tra la fine dell’800 e i primissimi anni del 900, l’industrializzazione dell’Agro portò alla creazione di un nostro triangolo industriale, formato da Torre Annunziata, Gragnano e Nocera Inferiore che venne definito “il triangolo della pasta”.
In quegli anni la nostra città ospitava decine di mulini e pastifici. Non essendo riuscito a trovarne un elenco completo, mi limito ad elencarne alcuni, scusandomi per eventuali imprecisioni. Il pastificio più grande, forse, era quello gestito dalla famiglia Gabola (nella foto in basso in vacanza con la famiglia a Montecatini nel 1917), che si trovava “abbasce ‘a marrata”. Poco più lontano c’era il pastifico Vitolo, gestito da una signora che, come ricordava il compianto Gennaro Corvino, era conosciuta come “Chicchirinella”.
C’erano poi, i Fratelli Nobile, Raffaele D’Alessio, i Fratelli Gambardella, Buoninconti, Carillo e, al confine con Pagani, il mulino chiamato “’ra semeppe”. Infine, Vicidomini e Bottiglieri, nei pressi di Castel San Giorgio e Roccapiemonte.
Negli stessi anni, sull’onda del pensiero marxista, anche in Italia muoveva i primi passi quello che sarà poi denominato “movimento operaio e sindacale”. Il primo sciopero generale in Italia fu indetto a Genova nel 1900 per protestare contro la chiusura della locale Camera del Lavoro. Solo un anno dopo, per iniziativa del Governo Giolitti, venne approvata la prima Legge con la quale veniva riconosciuto ai lavoratori italiani il “diritto di sciopero”.
1902 – Nasce la prima Camera del Lavoro a Nocera
In effetti, nelle nuove industrie vigevano ancora le vecchie abitudini che regolavano i rapporti di lavoro nell’epoca feudale: gli operai non avevano alcun diritto, l’orario di lavoro arrivava anche a 12 – 13 ore al giorno, il lavoro minorile era considerato normale (anche di bambini di sette, otto anni), il salario veniva stabilito dai “padroni” e non erano ammesse discussioni.
Tra quelli descritti, l’aspetto più sgradevole era certamente il lavoro minorile. Francesco Barbagallo nel libro Napoli Belle Epoque – Edizioni Laterza 2015, descrive con durezza la vita dei piccoli lavoratori: guadagnavano da 17 a 80 centesimi al giorno, andavano a lavorare all’una di notte e smettevamo alle 16 – 17 del giorno successivo e se qualcuno di loro si sedeva per riposare qualche minuto, veniva anche picchiato e maltrattato.
A Torre Annunziata, proprio in difesa di quei bambini, nel 1902 fu organizzato uno sciopero generale che durò quasi un mese e bloccò anche le attività del porto. Dalla stessa fonte ho appreso anche che quella lotta durissima ricevette la solidarietà delle organizzazioni sindacali di Napoli, Scafati e Nocera Inferiore.
Nella nostra città il primo dirigente del movimento operaio fu, senza ombra di dubbio, Giuseppe Vicidomini. Nato nel 1879, Vicidomini era figlio di un falegname bottaio, da giovane lasciò il seminario dove studiava per dedicarsi al lavoro politico e sindacale. Fondò la Società Operaia dei pastai e mugnai e la Lega dei Cestai e divenne poi il primo segretario della Camera del Lavoro di Nocera Inferiore.Le prime lotte operaie, agli inizi del ‘900, videro i pastai e mugnai dare vita a scioperi e proteste durissime, che spesso duravano anche alcune settimane, per strappare salari, condizioni e orari di lavoro più rispettosi della dignità umana. Durante gli scioperi, nei pressi dei mulini e dei pastifici si accendeva un fuoco e si cuoceva un pasto caldo. Capitava anche che gli scioperanti venissero caricati e dispersi dai gendarmi. Su quelle lotte gloriose Isaia Sales fece una ricerca e un studio approfondito, per farne poi la sua tesi di Laurea.
Dopo quelle prime battaglie di civiltà, ne seguirono molte altre. In particolare, mi piace ricordare anche quelle che coinvolsero il proletariato agricolo, formato da braccianti e piccoli contadini. I primi occupavano gli ultimi gradini della scala sociale ed ogni mattina, prima dell’alba, andavano a cercare lavoro alla stazione, venivano esaminati come le bestie, se ne valutava la muscolatura e si decideva chi di loro prendere a lavorare. I secondi, erano spesso assegnatari di piccoli appezzamenti di terra e dovevano cedere ai proprietari latifondisti fino ai 3/4 del prodotto coltivato e raccolto grazie al lavoro durissimo di intere famiglie.
Voglio rimarcare, infine, che quelle battaglie divennero possibili grazie alla diffusione delle idee socialiste e che tali idee furono approfondite e propagandate in tutti i centri di cultura dell’epoca, anche nei seminari (come abbiamo visto per Vicidomini) ed anche nel Liceo “G.B. Vico”, dove si spesero in tal senso illustri docenti dell’epoca.
Per l’ultima annotazione debbo precisare che il compianto, carissimo Rocco Vitolo fece una ricerca anni fa e mi rese partecipe del fatto che in quegli anni, nel Liceo Vico insegnarono positivisti e marxisti come il preside Innocenzo Viscera e il professor Eduardo Calenda dei Tavani.