La data e l’evento, di cui ci occuperemo in questa occasione, riguardano un argomento che meriterebbe molto più spazio e svariati altri approfondimenti: l’inizio dell’attività del Vittorio Emanuele II
di Angelo Verrillo
Nella seconda metà dell’800, il manicomio di Aversa (Real Casa dei Matti di Aversa) ospitava malati provenienti da tutto il Meridione e, a causa del suo sovraffollamento, era considerato l’ospedale psichiatrico più grande d’Europa.
Nel novembre del 1882 il dottor Federico Ricco, ex direttore dell’Ospedale della Pace di Napoli, che da tempo si adoperava per aprire un nuovo ospedale, ottenne in concessione l’ex convento degli Olivetani e iniziò i lavori per adibirlo allo scopo.
Nello stesso periodo il dottor Ricco riuscì anche a consorziare le province di Avellino, Bari, Campobasso, Foggia e Salerno allo scopo di garantire l’accoglienza ai malati provenienti da quelle province. Il 31 dicembre 1883 ebbe inizio l’attività dell’ospedale psichiatrico Vittorio Emanuele II. Il primo statuto dell’ospedale risale al 5 febbraio del 1884, mentre il contratto di concessione delle province venne sottoscritto il giorno dopo: il 6 febbraio 1884.
Sebbene all’inizio della sua attività l’ospedale potesse accogliere 500 ammalati, ben presto si rivelò insufficiente e il dottor Ricco decise di trasferire una parte dei malati nell’edificio adiacente la basilica di Materdomini, che anni prima gli era stata donata dal “fondo per il culto”. Fu così che la “Casa di cura privata Materdomini” divenne succursale dell’ospedale di Nocera.
Proprio a Materdomini venne internato anche l’anarchico Carlo Cafiero, che vi finì i suoi giorni il 17 luglio 1892. Nato a Barletta il 1° settembre 1846, nel suo peregrinare per l’Europa aveva anche frequentato Karl Marx e Friedrich Engels, divenendo il primo divulgatore del “Capitale” di Marx. Nel 1872 ruppe con il comunismo marxista, si accostò al comunismo anarchico e ne fu tra i principali esponenti, insieme ad Andrea Costa e Errico Malatesta.
Per quanto riguarda l’impatto economico, sociale e culturale di questa Istituzione, mi limito a poche osservazioni. In primo luogo, faccio notare che, per oltre un secolo, l’ospedale psichiatrico è stato, insieme alle MCM, il luogo di lavoro più importante della città: infatti, già ai primi del 900, queste due strutture davano lavoro a circa 3.000 persone.
Inoltre, il carattere consortile dell’ospedale psichiatrico ha portato nella nostra città centinaia di lavoratori da altre province, in particolare da Cosenza e dalla Calabria. Dopo la riforma sanitaria del ’68 (voluta dal Ministro Mariotti), negli anni tra il ’71 e il ’74, a Nocera trovarono lavoro circa 200 calabresi. Molti di loro vivono ancora con noi e concorrono fattivamente alla vita civile e culturale della nostra comunità. Tra loro voglio ricordare i miei carissimi amici Franco Peta e Giovanni Minardi (che ringrazio per la preziosa collaborazione).Mi sono dilungato più del dovuto ma non posso esimermi da un’ultima considerazione. Grazie alla presenza dell’ospedale psichiatrico, Nocera fu anche al centro del grande dibattito culturale e scientifico che portò alla riforma Basaglia e alla definitiva chiusura dei manicomi.
A quella conquista di civiltà contribuirono anche eminenti studiosi che hanno speso la loro vita per migliorare le condizioni di cura e di esistenza dei malati: tra questi, il professor Sergio Piro che, agli inizi degli anni ‘70, diresse l’ospedale di Materdomini riuscendo a migliorare notevolmente il disumano trattamento fino ad allora riservato a quegli ammalati.
Infine, non per importanza, un cenno alla vita e all’opera di Marco Levi Bianchini. Figlio primogenito di un banchiere ebreo, Bianchini, nato a Rovigo il 28 agosto 1875, giunse per la prima volta a Nocera nel 1909. Nel 1924 si trasferì a Teramo, dove concorse alla fondazione della “Società psicoanalitica italiana”, per poi tornare nella nostra città nel 1931.
Marco Levi Bianchini era favorevole al fascismo e lo sostenne fino a fondare la casa del fascio nella nostra città, insediandola nei locali dell’attuale biblioteca comunale.
Ciò nonostante, dopo l’emanazione delle leggi razziali, fu destituito dall’incarico di direttore dell’ospedale psichiatrico. Neppure dopo quell’ingiusto trattamento lasciò la nostra città, a differenza di molti suoi familiari che emigrarono negli USA.
Per il regime fascista, che molti, ancora oggi, ritengono abbia fatto anche cose buone, si era reso responsabile di due reati gravissimi durante il ventennio: era nato da genitori ebrei ed aveva diffuso le idee di Freud e della psicoanalisi.