Oggi e domani, alle 21, in tutta Italia lanciato un flash mob per misurare quello luminoso e scoprire lo spreco causato dell’illuminazione pubblica
di Maria Esposito
Tutto l’universo scientifico e in particolar modo quello medico, è dedito allo studio epidemiologico del Coronavirus, i dati emersi da questa pandemia attraverso il suo excursus morfologico e vitale, ha evidenziato una certa pericolosità letale.
Studiosi e scienziati, d’altra parte, non si sono soffermati solo alle conseguenze dannose provocate dal virus attraverso la rilevazione di alcuni dati hanno reso noto che il coronavirus ha ridotto l’inquinamento atmosferico. Ebbene sì, meglio di qualsiasi direttiva europea e più efficace dei Fridays for Future di Greta, il decreto del Consiglio dei Ministri #IoRestoaCasa del 9 marzo, in materia di spostamento delle persone fisiche all’interno del territorio nazionale, è risultato un vero e proprio fattore prudente dell’inquinamento atmosferico. Le osservazioni satellitari hanno mostrato un’effettiva riduzione delle emissioni di azoto dovuta soprattutto alla diminuzione del traffico stradale o meglio dall’assenza di automobili con motori diesel per la strada. L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha mostrato che da gennaio all’11 marzo le emissioni di diossido di NO2, uno dei principali gas inquinanti, sono diminuite molto in Europa e in particolar modo nel Nord Italia, una delle aree più inquinate del continente, dove da metà febbraio la concentrazione di azoto è diminuita del dieci per cento. Ciò che si osserva, quindi, è che bloccando la circolazione diminuiscono immediatamente le emissioni e le concentrazioni di NO2, diossido d’azoto e di particolato da traffico automobilistico. Per quanto riguarda la concentrazione in atmosfera di particolato, però, l’influenza delle condizioni atmosferiche si dimostra decisiva. Se permangono condizioni che non favoriscono il ricambio d’aria, il particolato può non diminuire nemmeno in presenza di un abbassamento deciso delle emissioni.
Singolare appare l’iniziativa del CNR, Centro Nazionale delle Ricerche, che pone accanto agli studi dell’inquinamento un esperimento per mappare l’inquinamento luminoso nelle nostre città. Il lavoro “Un flash mob per la Scienza” è nato per smentire la fake news che circolava qualche giorno fa. A seguito dei numerosi flash mob per contrastare il “distanziamento sociale” è stato scritto che le luci emanate dai telefonini producevano una mappatura luminosa tanto da far apparire il nostro Pianeta più luminoso nelle foto satellitari. Una bufala priva di fondamento scientifico poiché i satelliti non hanno la sensibilità tale per rilevare la debole luce di un cellulare, individuano solo l’illuminazione stradale e nemmeno tutta. Per questo motivo è stata lanciata un’iniziativa simile ma che avesse una reale base scientifica: registrare la luce che dall’esterno penetra nelle nostre case. Un esperimento aperto a tutti i cittadini che possono dare il proprio contributo attraverso un’applicazione gratuita da scaricare sul cellulare (per saperne di più www.cnr.it). Bisognerà spegnere tutte le luci in casa, lanciare l’app e rivolgere lo schermo del cellulare verso la principale fonte luminosa che si vede dalla propria finestra. Può essere un lampione o un’insegna, qualsiasi fonte. L’applicazione, sfrutta il sensore di luminosità del cellulare, ed dà come risultato una cifra in Lux, l’unità di misura dell’illuminamento. Si chiede di prendere questa misurazione dopo le 21 di stasera e domani quando il cielo è totalmente oscuro e non c’è più nessun raggio del crepuscolo. Fatta la rilevazione i dati devono essere inseriti sul sito dedicato del Cnr. Lo scopo dell’esperimento è ricavare la mappatura dell’inquinamento luminoso e/o eccesso di luce, cioè a quello spreco di risorse e dell’illuminazione pubblica. Siamo tutti invitati a farlo, un gesto semplice che potrebbe essere prezioso per uno studio mai tentato prima.