Mano pesante della Guardia di Finanza che a Vatolla di Perfdifumo ha messo a segno un’operazione da 1,8 milioni di euro contro la fondazione Giambattista VicoUn castello del valore di 1,8 milioni di euro è stato sequestrato, con tutti gli arredi contenuti, dalla Guardia di Finanza a Vatolla di Perdifumo, nel Cilento.
L’operazione, denominata “Vico Nero”, è stata condotta dalla Compagnia delle Fiamme Gialle di Agropoli sotto il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania nei confronti della fondazione senza scopo di lucro “Giambattista Vico”, dei due rappresentanti legali succedutisi nel tempo e di tre imprenditori agropolesi, per i reati di frode fiscale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
È nata da un controllo fiscale nei confronti della nota fondazione, con sede a Vatolla di Perdifumo, sul conseguimento di finanziamenti erogati dalla Regione Campania per quasi 300 mila euro, per lo sviluppo di “imprese innovative nel settore del turismo sostenibile e rigenerativo e nelle attività correlate”. I militari hanno accertato che la fondazione, pur di accedere al contributo regionale, tra il 2014 ed il 2016 ha utilizzato delle fatture false emesse da tre imprenditori cilentani (tra questi, il figlio di uno dei rappresentanti legali dello stesso ente “noprofit”), per un importo pari alla somma poi percepita. Avrebbero ricevuto una fornitura di computer ed arredi che, in realtà, non sono stati rinvenuti dai Finanzieri presso la sede della fondazione, non essendo stati mai acquistati. Le indagini finanziarie hanno pure consentito di constatare che la Onlus ha omesso di dichiarare redditi per quasi 4 milioni di euro, con un’evasione d’imposta di circa un milione e mezzo di euro. Inoltre, i rappresentanti legali della fondazione hanno gestito i conti correnti in maniera del tutto personale, con bonifici effettuati a proprio favore senza alcun motivo valido. I militari hanno inoltre accertato che uno degli amministratori ha ceduto 26 quadri di valore, di cui 11 del noto pittore Giovan Battista Piranesi, nonché 10 cartine geografiche antiche, ad una società in liquidazione, riconducibile a lui ed alla moglie, senza che la fondazione abbia ricevuto in cambio alcun corrispettivo.