Chi ha già letto gli altri due libri della saga conoscerà già la conclusione della storia, per gli altri bisognerà attendere l’uscita delle prossime due stagioni che sembra siano già in preproduzione e che sicuramente otterranno lo stesso positivo riscontro
di Valentina Milite
Si è conclusa lunedì la seconda stagione della serie evento andata in onda su Raiuno, “L’amica geniale”, tratta dalla tetralogia della misteriosa ed apprezzata autrice napoletana che si firma con lo pseudonimo di Elena Ferrante.
Questi ultimi 8 episodi, trasposizione del secondo volume dell’opera, “Storia del nuovo cognome”, hanno visto le due protagoniste Lila e Lenù (interpretate dalle talentuose attrici esordienti Gaia Girace e Margherita Mazzucco), divenire giovani donne ed intraprendere ciascuna la propria strada verso due percorsi di vita tanto differenti, ma che continueranno ad intersecarsi nel corso degli episodi e, come è facile intuire, della loro intera esistenza; perché, citando dal libro: “le amicizie lunghe sono importanti, un ancoraggio”, ed è proprio così che la loro amicizia tiene le vite delle protagoniste: ancorate, indissolubilmente legate vicine l’una all’altra, seppur per molti versi le due giovani risultino così distanti.
Elena è infatti una ragazza ingenua, ma caparbia, di una bellezza fresca, che ha la grazia della gentilezza. Lila è sgraziata, selvatica, a tratti “volgare” (come l’apostroferà il giovane ed insicuro marito Stefano Carracci), ma possiede un’intelligenza vivace ed una malizia capricciosa che seduce ed affascina chiunque abbia a che fare con lei. Elena l’aveva visto subito (da quando da piccole a scuola Lila aveva mostrato a tutta la classe quanto fosse “geniale”), quanto le sue capacità spiccassero su quelle di tutti gli altri, le sue, di Elena, in particolare; che era brava, ma non “brillava”, studiava e conosceva, ma non possedeva un pensiero proprio, vero, critico, un’opinione, una visione globale delle cose che fosse realmente sua.
Anche crescendo Elena sente di non poter competere con Lila e teme sempre, quando l’amica l’accompagna, che la sua naturale bellezza e la sua schietta intelligenza possano offuscare la flebile luce della propria. È però tenace, comprende presto che lo studio è l’unica occasione che ha per “uscire dal rione”, una realtà gretta, angusta e limitante che non è solo geografica, ma sociale, mentale e nella quale teme di venire inglobata (pensiero anche questo che maturerà grazie all’insofferenza di Lila che scoprendosi incinta le farà notare come l’avere figli l’avrebbe resa “come loro”, riferendosi alla massa informe degli abitanti del rione, del proletariato, che non possedeva altro se non i propri figli, che aveva annullato se stessa per dedicarvisi, sacrificando quella che un tempo era pur forse stata bellezza e grazia giovanile). Elena quindi, sebbene mai pienamente confidente nelle proprie capacità, dedica tutto il suo tempo allo studio, si impegna duramente e grazie ad una borsa di studio si trasferisce a Pisa dove si laureerà col massimo dei voti, riuscendo nell’intento di sfuggire al rione ed alle sue dinamiche sociali.
Lila invece è scaltra, trama, intriga, seduce per ottenere ciò che vuole. Non riesce però realmente a conseguire gli obiettivi che si prefigge e ne consegue una triste esistenza cui talvolta sembra arrendersi, fatta di infelicità, compromessi, violenza, tradimenti, allontanamenti e rassegnati ritorni, che la fa sembrare a tratti succube ed in balia degli eventi, ma più spesso antagonista attiva e cattiva del racconto, che alfine non riesce a far altro che auto sabotarsi. Perché Lila non si è mai vista con gli occhi di Elena o di chiunque la guardasse innamorandosi della sua indole appassionata ed intelligenza libera; lei si sente “come tutti gli altri” (come dirà alla maestra delle elementari che le farà notare come fosse destinata “a cose più grandi”) e non ha mai veramente pensato di poter sfuggire al rione, al compromesso, alla miseria economica ed intellettuale.
Una dicotomia di attitudine tra le due evidente nell’ultima scena, in cui Elena appena laureatasi, fidanzata e saputo della pubblicazione del suo libro, va a far visita all’amica Lila (trasferitasi in una realtà se possibile ancora più miserabile del rione), portandole in dono il libricino “la fata blu” che scrisse alle elementari, al fine di suscitare in lei il ricordo di quei suoi primi passi nella scrittura che avevano inconsciamente tanto ispirato Elena, conducendola ai successi poi conseguiti; ma che non fanno altro che ricordare a Lila quanto quei tempi siano lontani e quanto la sua vita abbia diverso dalle speranze giovanili della bambina entusiasta che era una volta. Getta così, disincantata, il libricino nel fuoco prima di ritornare al suo avvilente lavoro in un mattatoio-salumificio, sotto lo sguardo incerto di Elena che si allontana.
La narrazione per questa stagione si conclude con questa scena, chi ha già letto gli altri due libri della saga conoscerà già la conclusione della storia, per gli altri bisognerà attendere l’uscita delle prossime due stagioni che sembra siano già in preproduzione e che sicuramente otterranno lo stesso positivo riscontro delle prime due, in cui tanti si sono riconosciuti e di cui hanno apprezzato le ambientazioni e situazioni verosimili vissute dai nostri conterranei nell’Italia pre-miracolo economico ed industriale dell’epoca.