Riparte la rassegna l’Essere e l’Umano a cura di Simona Tortora, con il secondo spettacolo dell’anno diretto da Clara Sancricca, vincitore del festival “i Teatro del Sacro” edizione 2019
di Fabrizio Mandredonia
Nel 1970, Fabrizio De Andrè, che proprio in questi giorni avrebbe compiuto 80 anni, cantava «non dire falsa testimonianza ed aiutali ad uccidere un uomo, lo sanno a memoria il diritto divino ma scordano sempre il perdono».
E proprio il perdono è al centro dello spettacolo “Settanta volte sette”, di Controcanto Collettivo diretto da Clara Sancricca, vincitore del festival “il Teatri del Sacro” edizione 2019 e menzionato al premio UBU, che costituisce la seconda tappa della rassegna “L’Essere e l’Umano” a cura di Simona Tortora e Artenauta Teatro con l’organizzazione di Giuseppe Citarella, in collaborazione con il Teatro Pubblico Campano e il patrocinio del comune di Nocera Inferiore.
Il perdono e la sua centralità è palese sin dal titolo della piece che allude alla frase pronunciata nel Vangelo da Gesù che ai dubbi di Pietro su quante volte sia giusto perdonare, risponderà «non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette».
Lo spettacolo comunque non intende analizzare il perdono cristiano ma anzi ricercarlo attraverso un approccio laico e fortemente umano.
“Settanta volte sette” è il racconto di due famiglie legate dal destino. È un racconto di dolore, di rabbia, di colpa ma anche di incontro e soprattutto di perdono che al male non risponde con altro male ma che stravolge la dicotomia dolore/ vendetta.
Abbiamo intervistato Clara Sancricca che ci ha raccontato genesi e curiosità sullo spettacolo.
– Partiamo dal titolo, che allude alla frase pronunciata da Gesù nel Vangelo.
«Trovavo la citazione molto bella, tuttavia lo spettacolo ha una vocazione laica e non viene mai scomodato l’aspetto religioso. Questa storia è anche riscoperta della possibilità che alcuni temi siano non tanto biblici ma appartenenti all’uomo in quanto tale. A noi interessava la dinamica umana a prescindere dalla fede ed anzi abbiamo provato a portare il tema del perdono fuori dalle chiese». – Come nasce “Settanta volte sette”?
«Nasce da una mia idea e da una domanda: se mi dovessi trovare a subire un torto molto grave, che farei? Partendo da questa domanda io e l’intero collettivo abbiamo lavorato alla drammaturgia. Lo spettacolo ha preso via via una forma narrativa. In più non potendo partire da un dato biografico ci siamo affidati a storie di altri».
– E quali storie vi hanno ispirato?
«Una in particolare. Nel 2011 il carabiniere Antonio Santarelli morì a seguito di un’aggressione da parte di un diciannovenne, Matteo Gorelli, fermato insieme ad alcuni amici a Pitignano dallo stesso Santarelli e da un suo collega. Gorelli ovviamente fu condannato ma non è questo il punto. Da quest’azione che ha ovviamente provocato dolore è nata un’associazione che riunisce le famiglie di vittime e carnefici la “AmiciCainoAbele” fondata dalla vedova Santarelli e dalla madre di Gorelli. Noi le abbiamo incontrate e ci siamo ispirati alla vicenda umana ma con una storia originale».
– Cosa vedremo sul palco?
«Una narrazione che segue entrambe le famiglie, il dolore dell’una e dell’altra. Abbiamo provato a mettere il pubblico nella condizione di non parteggiare ma di essere empatico.
Tutti gli oggetti di scena sono ricavati da una barca dismessa presa in Calabria di cui c’eravamo innamorati. Volevamo utilizzare materiali vissuti, oggetti che avessero un’energia, che avessero qualcosa da raccontare».
– Come mai è stato scelto il romanesco per dare vita ai personaggi?
«Sicuramente per dare realisticità alla narrazione, raccontando un mondo che conosciamo. Chiaramente il fatto di utilizzare il linguaggio dei nostri luoghi non ci impedisce di parlare a persone di luoghi diversi».
– Voglio proporti la domanda che tu stessa ti sei posta nella fase embrionale dello spettacolo. Se ti dovessi trovare a subire un torto molto grave, cosa faresti?
«Rispondo con una frase della poetessa polacca Wislawa Szymborska : “Conosciamo noi stessi solo fin dove siamo stati messi alla prova”.
Ideologicamente, comunque, sono portata al dialogo perché penso che la riconciliazione sia rigeneratrice».
Appuntamento a venerdì 21 febbraio dalle 21 al Teatro Diana di piazza Guerritore. Per l’acquisto dei biglietti, il cui costo è di 15€, 12 per under 18, over 65 e gruppi di almeno 5 persone previa prenotazione, è possibile chiamare il 3205591797 o rivolgersi al botteghino del teatro.