Un libro che racconta vent’anni della sua vita ma che contiene anche una riflessione su problemi gravi come il femminicidio. «L’uomo è un passo indietro rispetto alla donna»
Un pediatra può parlare di femminicidio? Secondo Francesco Califano, stimato professionista che per 40 anni ha eletto Nocera Inferiore come sua “Patria” si. E lo ha fatto con il libro “I giardini di marzo“, che il pediatra di origini cavesi ha pubblicato con Booksprint edizioni. Lo ha presentato a novembre a Nocera Inferiore e nella settimana appena conclusa a Vietri sul Mare, dove attualmente vive.
«Il libro nasce – ci rivela – dall’esigenza di raccontarmi e raccontare. È scritto in terza persona, e nella prima parte, anche in forma romanzata, racconta diversi episodi della mia vita. Nella seconda c’è la riflessione: si parla della vita, di uomini e di donne, che sono nella copertina, del resto. E la donna è più avanti dell’uomo nella foto non per un caso. Rifletto anche sul femminicidio, che per me non è solo causato da quel che si dice comunemente, ma anche dal fatto che nell’evoluzione del costume e anche dei tempi l’uomo è rimasto più immaturo rispetto alla donna. Vuoi perché le mamme sono diventate spesso chioccie, vuoi perché è difficile scrollarsi di dosso l’immagine della famiglia patriarcale, dove è l’uomo che decide e agisce. Poi, l’uomo ha l’immagine dell’amore come possesso e non accetta l’idea di perdere l’oggetto amato. Ancora – continua Francesco Califano – se una donna è lasciata spesso trova la solidarietà e il conforto delle amiche, mentre se capita all’uomo è più difficile che succeda altrettanto, portando l’uomo più debole psicologicamente a sentirsi perso fino a spingerlo al peggio».
– Perché il libro ora?
«Perché fin tanto che lavoravo anche come medico dipendente- spiega il 66enne pediatra – raccontare alcune delle storie che vi sono contenute avrebbe potuto creare conseguenze per le persone citate, anche se i nomi sono stati chiaramente cambiati così come i contesti. “I giardini di marzo” è il titolo che è da un lato un omaggio a Mogol e Battisti con i quali noi siamo cresciuti, ma anche perché rappresenta le nostre prime esperienze giovanili, la nostra primavera».