Un racconto della mafia attraverso i mezzi di comunicazione di massa: realtà e finzione per comprendere il fenomeno mafioso. La presentazione avverrà nella biblioteca comunale
di Fabrizio Manfredonia
Si intitola “Lo spettacolo della mafia – storia di un immaginario tra realtà e finzione” il nuovo libro di Marcello Ravveduto, docente di Public and Digital History alle Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia. L’evento, a cura del presidio nocerino di Libera “Jerry Essan Maslo”, si terrà il prossimo 21 novembre nella cornice della biblioteca comunale “Raffaele Pucci” dalle 18. A dialogare con l’autore Lino Picca.
Viviamo in un momento storico dove la mafia, la malavita in generale, è fortemente spettacolarizzata: abbondano film, serie tv e libri sul tema, basti pensare al fenomeno “Gomorra” con personaggi divenuti iconici al punto tale da essere “esempio” per gli spettatori o ancora alla risonanza che ha avuto in tempi più recenti “Suburra” sull’inchiesta cosiddetta “Mafia Capitale”. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’autore che già in passato ha dedicato sue pubblicazioni al racconto della malavita, ad esempio ne “Il sindaco gentile. Gli appalti, la camorra e un uomo onesto. La storia di Marcello Torre” o in “Libero Grassi. Storia di un’eresia borghese”. «Lo spettacolo della mafia – dice Marcello Ravveduto – è la storia delle rappresentazioni intorno e sulla mafia, di come questa si trasforma in spettacolo; la storia della mafia è storia pubblica, public history direbbero gli americani, che parte dalla letteratura, dal cinema, dalle serie tv e arriva a fatti storici. Ciò che sappiamo lo conosciamo grazie alla letteratura, all’immaginario, perché solo dopo il 1992 si è cominciato ad analizzare il fenomeno a livello scientifico». Chiaro è il riferimento alle stragi del ’92 come quella di Capaci e quella di via D’Amelio che hanno cambiato il focus su malavita e criminalità. Ma la letteratura in materia di mafia è ancora più antica. «Si parte con la letteratura dell’Ottocento sia francese che inglese, ad esempio con Dumas, e fino ad arrivare a Sciascia; spesso la mafia è stata intesa come corpo separato dalla società: anche le metafore che usiamo vanno in questa direzione, come ad esempio il riferirsi ad essa con il termine “tumore” che in medicina è chiamato “neoplasia” , qualcosa di nuova formazione, come se ci fosse una società per bene ed una criminale e come se queste fossero separate». Lo spettacolo della mafia passa sicuramente anche attraverso il voyeurismo endemico degli italiani: trasmissioni, libri, film o serie televisive che in un modo o nell’altro parlano di malavita attirano un’attenzione morbosa dello spettatore: film come “Il padrino” di Francis Ford Coppola, “Scarface” di Brian De Palma o ancora “Romanzo Criminale” di Michele Placido sono diventati cult e altrettanto lo sono libri come “Gomorra” di Roberto Saviano o il già citato “Romanzo Criminale” di Giancarlo De Cataldo. Basti pensare che, come confermato dallo stesso Ravveduto, tra il 1948 e il 2018 sono stati pubblicati 337 film sulla malavita. Marcello Ravveduto, da storico quale egli è, non si limita però a raccontare per il gusto di farlo ma affinché la conoscenza possa avere una spinta educatrice: scomodando Tucidide diventa necessario conoscere il passato per comprendere il presente e, nei limiti umani, prevedere il futuro. «Alle nuove generazioni – ha concluso Ravveduto – va insegnato il pensiero critico, attraverso un lavoro serio di laboratorio insieme ai ragazzi è possibile educarli ed educare la loro sensibilità».