La palermitana che nel 2003 subì una brutale aggressione da un collega racconterà la sua tremenda esperienza ai nocerini il 13 e 14 dicembre nel corso di due incontri
di Gigi Di Mauro
«Voglio donare anche alle donne di Nocera Inferiore la forza e la gioia della vita. Quello che è successo non mi ha fermato, e voglio venire a testimoniare il mio No alla violenza di genere».
A parlare è la palermitana Barbara Bartolotti, oggi 45enne, che sarà a Nocera Inferiore per parlare della sua tremenda esperienza il 13 – nella sala consiliare – e il 14 dicembre, al teatro Diana.
Barbara Bartolotti nel 2003 era una felice 29enne sposata con un agente di Polizia, con due figli ed un’altro in arrivo. «Era il 20 dicembre 2003 – racconta – Lavoravo in un’impresa edile e l’ufficio lo condividevo con altri impiegati, uomini e donne. Un collega, Giuseppe Perrone, che mai mi aveva fatto avance, mi ha invitato ad uscire con lui per lavoro. Vedendo che imboccava la strada dell’aeroporto, ho tentato di telefonare a mio marito che era al circo con i bambini. Lui mi ha colpito improvvisamente dietro la testa con un martello per quattro volte, dicendomi ‘Se non ti posso avere, meglio ucciderti”. Dopo che gli ho detto ‘Bastardo’ mi ha colpito con calci e pugni; non contento mi ha sferrato colpi all’addome con un coltello facendomi perdere il bambino, infine mi ha dato fuoco. Io pensando ai miei figli mi sono fatta forza e mi sono lasciata bruciare facendo finta di essere morta. Poi ho spento con le mie mani le fiamme ed ho avuto la forza di scavalcare 2 metri e mezzo di filo spinato, lasciandovi brandelli di pelle. Sono stata fortunata, per caso sono passati due musicisti, due angeli che non percorrevano mai quella strada, i quali mi hanno portata all’ospedale. A loro ho ripetuto tante volte il nome del mio aguzzino. Per dieci giorni sono rimasta in coma. Quando mi sono svegliata è iniziato il mio calvario che è durato per sei mesi al centro grandi ustionati dove hanno dovuto tagliarmi al vivo i brandelli di pelle bruciati. Lo hanno fatto per salvarmi. Grazie al rito abbreviato il mio aguzzino è libero. Condannato a 21 anni, con tutti i benefici che la legge offre alla fine gli sono stati comminati solo quattro anni, da scontare agli arresti domiciliari. Ma non ha scontato quasi nulla perché in quell’anno la politica varò l’indulto e cadde tutto». L’uomo è stato alla fine perfino premiato dalla sorte e lavora in una banca.
«Il mio messaggio sarà “ama la vita”. Io ho avuto due vite – prosegue Barbara – ed una di queste è stato un martirio. Per capire che la tua vita è solo una non devi aspettare la malattia, l’aggressione. Devi vivere la vita nelle sue profumazioni e nei suoi colori. La vita è strana, ma abbiamo solo questa. Mai abbattersi di fronte ai problemi che ci presenta. No alla violenza è anche amare la vita». Durante gli incontri saranno proiettate, per rafforzare il messaggio, le tremende foto di Barbara dopo l’aggressione: un’appuntamento da non perdere, che darà una scossa e un insegnamento a tante persone. «Non ci sono però solo gli uomini violenti – conclude – ma anche le donne cattive. E mi riferisco per esempio a quelle che buttano i bimbi nei cassonetti o usano i figli come armi nelle separazioni. Quelle non sono buone donne o madri».