Il caporal maggiore morì il 17 settembre 2009 per un’autobomba che affiancò il Lince su cui si trovava. Perirono sei militari italiani e numerosi civili afgani
Saranno dieci anni domani, 17 settembre, dal tragico evento che a Kabul, con un attacco suicida, spezzò la vita di sei militari italiani. Tra di essi il paracadutista Massimiliano Randino, di 32 anni, primo caporal maggiore della Brigata paracadutisti “Folgore”.
Nato a Pagani il 16 agosto 1977, fino al 1992 abitò a Cava de’ Tirreni, dove domani sarà ricordato con una messa alle 18 presso la basilica della Madonna dell’Olmo, per poi stabilirsi a Nocera Superiore, nell’antico borgo di Pucciano.
Era il 31 gennaio del 2009 quando diventò effettivo nel 183mo battaglione Nembo di Pistoia, ed era tornato in Afghanistan da una licenza proprio il giorno prima della tragedia. Lo vogliamo ricordare con le parole della motivazione della medaglia d’oro – Croce d’onore alla memoria – della Presidenza della Repubblica che il 6 maggio 2010 fu consegnata alla moglie Pasqualina alla presenza anche della mamma Anna D’Amato, del papà Mario, della sorella Angela, del fratello Roberto:
«Paracadutista dalle straordinarie qualità umane e morali, comandato in missione di pace in terra afghana, nell’ambito dell’operazione ISAF, ha contribuito costantemente, con perizia e assoluta dedizione, al conseguimento degli obiettivi della missione. Militare dotato di eccelse virtù professionali, il 17 settembre 2009, nel corso di una attività di scorta all’interno dell’abitato di Kabul, immolava la sua giovane vita nell’adempimento del dovere, a causa dell’esplosione di un ordigno occultato proditoriamente su apposito automezzo che investiva il veicolo su cui era a bordo. Fulgidissimo esempio di sublime coraggio che, con il suo estremo sacrificio, ha contribuito in modo significativo ad accrescere il prestigio dell’Italia e della Forza Armata in ambito internazionale, tenendo alti gli ideali di pace e solidarietà.” Kabul (Afghanistan), 17 settembre 2009».