L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia ha sgominato il clan Batti, operante nel napoletano nel campo dello spaccio di droga e contrabbando di sigarette
Undici persone arrestate (due ai domiciliari) e 10 milioni complessivi di euro di beni sequestrati sono stati, questa mattina, il culmine di un’operazione congiunta in Campania messa in atto dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata e dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Salerno.
Tutte le azioni sono state coordinate dal GIP del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Gli ammanettati sono ritenuti promotori o affiliati o agevolatori di una nuova associazione mafiosa armata, il clan Batti, operante nei comuni di San Giuseppe Vesuviano, Terzigno e zone limitrofe. Pesanti le accuse a carico degli 11 soggetti: associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di arma da fuoco, estorsione e violenza privata, aggravate dal metodo mafioso e dallo scopo di favorire il clan Batti.
Questi i nomi delle persone arrestate: Ambrosio Salvatore, nato a San Giuseppe Vesuviano nel 1995; Batti Alan Cristian, nato a Milano nel 1987; Batti Alfredo, nato a Milano nel 1984; Batti Luigi, nato a Milano nel 1977; Buono Gaetano, nato a Pompei nel 1972; Campanile Ferdinando, nato a San Giuseppe Vesuviano nel 1985;
Chirico Giovanni, nato a Pompei nel 1966; Fabbrocini Mario Nunzio, nato a Castellammare di Stabia nel 1986; Guastafierro Vincenzo, nato a Pompei nel 1971;
Izzo Gennaro, nato a Scafati nel 1963; Sorrentino Cristian, nato a Pompei nel 1993.
La prima ordinanza di custodia cautelare trae origine da un’attività di indagine svolta tra la fine del 2013 e la fine del 2014 dal Nucleo Investigativo di Torre Annunziata e focalizzata sull’esistenza e operatività del nuovo clan, dedito, prevalentemente, al commercio di stupefacenti (cocaina, marijuana ed hashish) e strutturato intorno alla famiglia Batti, in particolare ai fratelli Alfredo, Luigi e Alan Cristian Batti, detti “i milanesi”, la cui storica estrazione criminale deriva dal padre Salvatore, ucciso in un agguato di stampo mafioso nel dicembre 1990.
Nel corso delle indagini è emerso come il clan si imponesse sul territorio attraverso azioni punitive e ritorsive nei confronti di terzi entrati in contrasto per il mancato pagamento delle forniture o per sconfinamenti territoriali. Il contrasto alle forze dell’ordine era attuato attraverso il monitoraggio del territorio (così da scongiurarne l’eventuale intervento), l’utilizzo di canali di comunicazione dedicati, la realizzazione di appositi locali ove nascondere armi e stupefacenti accessibili soltanto attraverso apposita strumentazione, la dotazione di un vasto parco di autovetture utilizzate in via esclusiva per gli affari illeciti ed il continuo cambio di utenze degli indagati, per lo più intestate a stranieri o a terzi estranei ai fatti o a nomi di fantasia. Ulteriori precauzioni erano adottate dal capo clan, Alfredo Batti, individuato come capo del clan,soggetto di particolare ferocia anche nei confronti dei suoi sodali, il quale non veniva quasi mai contattato telefonicamente dagli altri indagati, ma effettuava la maggior parte delle comunicazioni attraverso Mario Nunzio Fabbrocini, sua longa manus, che riportava il suo volere agli altri soggetti e viceversa.
Altri arresti erano stati effettuati, nell’ambito della stessa indagine, nel 2014.
Durante le indagini, già nel 2015, i finanzieri del Gico di Salerno riuscirono a far rinvenire e sequestrare a Rotterdam 40 chili di cocaina provenienti dall’Equador e nascosti in una nave carica di banene, per un valore di un milione e 200mila euro, che il clan non era riuscito a scaricare nel porto di Salerno.
Un ulteriore sequestro di droga fu effettuato nel maggio 2015 in provincia di Padova, allorquando le Fiamme gialle padovane intercettarono 40 chili di marijuana occultati in un autoarticolato proveniente dalla Spagna, arrestando due soggetti in flagranza di reato.