Pietro II non istituì un episcopio sulla grotta di San Michele Arcangelo! Sul falso sarebbe stata costruita una “speculazione” per accedere a tre milioni di fondi europei
di Vittorio Campagna
Olevano Accademia di falsi storici? Sembra proprio di si! Infatti, un’altra “bufala” da oltre un lustro si è diffusa nel paese picentino, secondo cui nell’861 Pietro II, “impostore” e “fuggiasco” vescovo di Salerno, avesse istituito, “motu proprio”, un episcopio sulla grotta dell’Angelo, avendo lì trovato rifugio per sfuggire all’ira dei salernitani.
Il falso evento è stato tanto pubblicizzato che secondo molti, sarebbe stato inserito nel progetto culturale olevanese per accedere ai fondi Europei per tre milioni di euro “per la sola grotta”.
Per evitare un’altra possibile “speculazione”, il 23 dicembre 2015 chiesi di prendere visione della “pratica Regionale”, ma l’accesso agli atti mi fu negato; pertanto, non posso entrare nel merito.
I divulgatori del falso evento si sono appropriati di un altro studio storico-archeologico del professor Alessandro di Muro, docente di Storia presso l’Università degli studi di Matera, tratto dal libro: “La grotta di San Michele a Olevano sul Tusciano”. L’autore, con un’errata traduzione/parafrasi del “Chronicon Salernitanum”, attribuisce al presule, seppur in buona fede, l’istituzione di una sede vescovile” nel Sacro Speco. Ecco cosa scrive il cattedratico: “La prima notizia… risale all’861, anno in cui l’Anonimo Salernitano (Chronicon) colloca la fuga da Salerno del vescovo eletto, Pietro, all’indomani della defenestrazione del fratello, il principe Ademario: inseguito dal principe, Guaiferio, alla guida del suo esercito, il presule trovò rifugio presso “Sanctum Angelum qui scitum est in monte qui Aureus dicitur”. I reiterati tentativi di catturarlo da parte di Guaiferio risultarono vani “propter loci municio-ne”. Evidentemente le “fortificazioni dovettero dimostrarsi molto efficaci se respinsero l’assalto dell’esercito salernitano”.
In realtà, il contenuto del testo latino è diverso (v. Arturo Carucci, Edizioni Salernum, Salerno 1988. pp. 158-159). Gli errori sono molti e palesi; eccone alcuni: Pietro era “figlio” e non fratello del principe Ademario. È un vescovo “non eletto” perché imposto dal padre Ademario per avere anche potere sulla Chiesa salernitana. Fugge da Salerno per timore di un linciaggio e ripara nella grotta di Olevano. Guaiferio, nuovo principe, “non insegue” personalmente il presule sulla grotta con un esercito, ma invia un “manipolo” di uomini per prenderlo. Dopo due-tre (bis terque) insuccessi “lo stesso Pietro spontaneamente si consegnò nelle loro mani per fame (Ernesto Iannone)”.
Ciò conferma che Pietro rimase sulla grotta solo “qualche giorno”. Il di Muro, invece, “tronca” la parafrasi del brano, facendo credere che i soldati l’avessero lasciato sullo “Specus” per sempre, “Per l’imprendibilità del posto (propter loci municio-ne)”, permettendogli di istituire un vescovado illegale “usu proprio”, costruire un battistero e officiare i battesimi. In verità, Pietro, arresosi poco dopo, fu tradotto prigioniero a Salerno e non si seppe più niente di lui. C’è persino un errore di trascrizione latina: la preposizione “propter” vuole l’accusativo, quindi, “municion-em”.
L’accademico, in buona fede, per giustificare l’episcopio illegale della grotta menziona erroneamente Paolo II vescovo di Napoli, un porporato regolarmente eletto (762) da papa Paolo I. Gli storici locali (E. Iannone, G. Crisci, V. de Simone, Paesano) sono concordi con A. Carucci. In conclusione, secondo il Chonicon Salernitanum, Pietro II non istituì alcun episcopio sulla grotta di Olevano “Pro domo sua”: 1) perché era un vescovo deposto; 2) non ne avrebbe avuto il tempo e 3) sarebbe stato atto illegale contro la Chiesa di Roma. Ogni altra traduzione e/o interpretazione del Chronicon è un reato contro la storia!