All’ex assessore sono stati sottratti dalla Guardia di Finanza, su ordine del Tribunale di Nocera Inferiore, attività e beni mobili ed immobili per un milione e mezzo di euro
Ha destato chock in città la notizia del maxisequestro ai danni dell’imprenditore nocerino Ciro Barba, già in passato assessore alla Pubblica Istruzione (anni 1988-1989) e ai Servizi Tecnologici (anni 1990-1991) presso il Comune di Nocera Inferiore.
L’operazione, portata a termine dalla Guardia di Finanza di Salerno su delega del Procuratore della Repubblica Antonio Centore, che ha coordinato le indagini, ha portato ad un decreto di sequestro preventivo di attività, beni mobili ed immobili per un valore pari a circa un milione e mezzo di euro emesso.
Ad emetterlo il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Nocera Inferiore. Barba era stato definitivamente condannato per estorsione continuata aggravata da finalità mafiose e, in primo grado, dal Tribunale di Nocera Inferiore per associazione mafiosa. Un reato che poi fu dichiarato estinto per prescrizione. Barba, figlio di uno storico esponente della camorra dell’Ago Nocerino-Sarnese deceduto nel 1994, noto come “‘o flaviano“, fu raggiunto, nella seconda metà degli anni ’80, da un provvedimento di sequestro dei beni ai sensi della legge antimafia, e si era, come riferisce la Guardia di Finanza, nel tempo adoperato per liberarsi formalmente delle sue proprietà, intestandole a vari prestanome, per sottrarsi all’esecuzione di misure di prevenzione antimafia che – riferiscono le Fiamme Gialle – erano giustificate dalla sua pregressa appartenenza camorristica. Secondo i militari queste condotte configuravano il reato previsto dall’articolo 512 bis del Codice Penale (trasferimento fraudolento di valori).
La figura ed il ruolo attivo dell’ex assessore era emersa nell’ambito delle indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno sulle procedure di affidamento dell’appalto e dei lavori di realizzazione di Piazza della Libertà a Salerno: un’opera pubblica eseguita da una società di costruzioni i cui amministratori erano risultati strettamente legati a Ciro Barba da rapporti di consolidata relazione politico-imprenditoriale. Proprio in ragione di tali rapporti, la Prefettura di Salerno adottava, nei confronti dell’impresa affidataria dei lavori pubblici, un provvedimento interdittivo antimafia, in forza del quale veniva revocato l’affidamento degli stessi interventi. La successiva attività investigativa condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Salerno, coordinata dapprima dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno e successivamente dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore “ha dimostrato come fosse sistematico, per l’imprenditore indagato, non figurare nella gestione di aziende e beni di fatto da lui amministrati e, soprattutto, come fosse sua consuetudine quella dì reclutare prestanome tra le persone che a lui si rivolgevano in cerca di lavoro – talvolta persino ignare di diventare, invece, amministratori di società – o di sostegno economico in relazione ad attività in difficoltà, nella reale titolarità delle quali il predetto imprenditore finiva all’esito per subentrare.
Significativo, tra gli altri, l’escamotage (finalizzato, in concreto, a ostacolare l’esecuzione di una misura cautelare reale) della fittizia separazione del predetto imprenditore dalla moglie, che già a partire dagli anni Novanta aveva iniziato ad acquisire la titolarità di quote societarie e di immobili di valore, sebbene lo stipendio di insegnante non le consentisse di accumulare la liquidità necessaria per simili investimenti, separazione chiesta ed ottenuta solo pochi mesi prima della conferma della condanna in primo grado pronunciata dalla Corte d’Appello con riguardo proprio alla contestazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, laddove in realtà i due coniugi erano all’epoca e sono tuttora sposati, tanto da aver festeggiato insieme l’importante traguardo dei venticinque anni di matrimonio.
Il sequestro preventivo, in seguito all’accertamento della sproporzione tra il patrimonio di fatto disponibile e la posizione reddituale, ha riguardato nello specifico i conti correnti dell’indagato e della moglie, veicoli, terreni agricoli e la proprietà di cinque società, con sedi in Campania e in Toscana, operanti nel settore agro-alimentare e in quello delle costruzioni residenziali, per un ammontare complessivo di circa un milione e mezzo di euro“.
Oltre a Ciro Barba ed alla moglie, sono indagate altre nove persone, in qualità di intestatarie fittizie del patrimonio accumulato.