I militari della Guardia di Finanza, coordinati dalla Procura di Vallo della Lucania, hanno stretto le manette ai polsi di tre persone e sequestrato auto di lusso, barche e conti correnti
C’è anche una Ferrari California Cabrio del 2009, del valore di 130mila euro, tra gli oggetti e i conti correnti sequestrati stamane dai militari della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Salerno nel corso dell’operazione Happy Days, che ha portato in carcere tre persone e dieci messe sotto inchiesta.
A finire in manette per la truffa da oltre un milione di euro realizzata attraverso carte di credito clonate sono stati G.M. (residente nella provincia di Avellino), A.L. (residente nella provincia di Avellino) ed E.A. (residente nella provincia di Salerno). Le Fiamme Gialle hanno anche compiuto numerose perquisizioni a danno dei dieci indagati per la medesima frode, sequestrandone i conti correnti, un’imbarcazione e tre autovetture di pregio, per un importo complessivo superiore ad un milione di euro.
I reati contestati sono quelli previsti dal codice penale agli articoli 416 (Associazione per delinquere), 493 ter (indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento), 494 (Sostituzione di persona), 512 bis (Trasferimento fraudolento di valori), 648 bis (Riciclaggio) e 648 ter 1 (Autoriciclaggio).
Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblcia di Vallo della Lucania Antonio Ricci, erano iniziate nel 2018 con l’esecuzione di pedinamenti, analisi dei flussi finanziari, intercettazioni telefoniche ed indagini bancarie. Il tutto ha permesso di individuare e disarticolare il progetto criminale ideato da G.M. e A.L., realizzato tramite la clonazione di carte di credito e svariate attività di “phishing telefonico” e di “hackeraggio”, per ottenere fraudolentemente i dati personali e bancari dei titolari delle carte.
Le indagini hanno inoltre consentito alle Fiamme Gialle Agropolesi di delineare il ruolo di ciascun soggetto all’interno dell’organizzazione criminale. In particolare, è stato accertato che A.L. era incaricato di reperire i dati delle carte di credito, sfruttando le proprie competenze informatiche o, addirittura, acquistandoli, ad un prezzo medio di 35 euro per ogni carta, nel “dark web”.
Al fine di ottenere i dati anagrafici ed i numeri di cellulare abbinati alle carte, A.L. effettuava pure telefonate ad Uffici Anagrafe in tutta l’Italia ed ai call-center delle banche, sostituendosi ai titolari delle carte o spacciandosi per maresciallo dei Carabinieri, pressando gli interlocutori al telefono che, in molti casi, erano spinti a fornire i dati richiesti al finto rappresentante dell’Arma.
Le carte di credito donate venivano poi utilizzate per l’acquisto on-line di beni personali (tra cui un’imbarcazione e un’auto di lusso, materiale iper tecnologico, canoe ed arredi sanitari), oppure da rivendere a prezzi di favore a parenti ed amici. Più frequentemente, acquistavano schede di carburante sui siti internet di diversi gestori, utilizzandole poi per l’acquisto di migliaia di litri di gasolio, per rivenderlo poi a soggetti compiacenti, con sconti anche fino al 50%.
Per non essere individuati, in altri casi compravano on line anche bitcoin, poi utilizzati per l’acquisto di altra merce su piattaforme di e-commerce, nel più assoluto anonimato.
Un altro stratagemma adoperato consisteva addirittura nel simulare l’acquisto di pacchetti vacanze, sempre utilizzando i fondi delle carte di credito clonate, presso una struttura alberghiera connivente in Albania, la quale tratteneva per sé il 40% del corrispettivo pattuito; un altro 20% veniva dato al mediatore tra le parti, mentre il restante 40% rientrava nella disponibilità degli autori della frode, costituendo cosi l’effettivo guadagno degli indagati.
In altri casi ancora, venivano acquistate ricariche telefoniche per migliaia di euro, poi utilizzate per chiamare un numero telefonico a pagamento (altrimenti detto “a valore aggiunto”), intestato ad una ditta (denominata, per l’appunto, HAPPY DAYS) facente capo a N.F. (residente nella provincia di Salerno) che, in tal modo, ne assorbiva interamente il credito, in uno schema tipico di “ripulitura” del provento dell’attività delittuosa. A tal fine, una centralinista era appositamente incaricata, a tempo pieno, di chiamare quel numero a pagamento.
In ultimo, le carte donate venivano “scaricate” attraverso il pagamento di acquisti simulati, su siti internet facenti capo a società create “ad hoc”, di fatto non operative, sempre riconducibili agli indagati.
Le somme accumulate sui conti correnti delle società “di comodo” venivano, infine, prelevate direttamente in contanti allo sportello, oppure trasferite ancora una volta, tramite bonifico, sui conti correnti – anche all’estero – questa volta intestati agli indagati.
Alle perquisizioni hanno preso parte anche i Finanzieri del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche di Roma. Con il loro contributo, il materiale informatico ed elettronico sottoposto a sequestro, acquisito con tecniche di digital forensics, potrà essere approfonditamente esaminato, soprattutto nella prospettiva di risalire alle migliaia di soggetti truffati, per consentire loro di avanzare le richieste di risarcimento. A parte alcune denunce sporte dai titolari delle carte donate, infatti, la gran parte di essi risulta ignara del raggiro subito, in quanto gli indagati riuscivano pure a modificare il numero telefonico di recapito degli “alert” della banca di appoggio.