Giorgio Matteucci, direttore dell’Istituto dei Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo del CNR, parla in esclusiva al Risorgimento Nocerino delle strategie possibili
di Maria Esposito
Si sono appena conclusi i cortei a sostegno dello “sciopero salva-pianeta”. Milioni di studenti di scuole e università di tutto il mondo sono scesi in piazza per chiedere impegni concreti contro i cambiamenti climatici, nell’ambito dell’iniziativa “Fridays for Future”, lanciata dalla sedicenne svedese Greta Thunberg a Stoccolma in occasione della COP24.
A Salerno anche il sindaco Vincenzo Napoli ha partecipato al corteo: «Nessuno può più essere indifferente al grido di allarme che il nostro pianeta sta lanciando – ha detto – Non lo possono essere le istituzioni, non lo può essere il cittadino comune. Insieme possiamo dare un futuro migliore alle nuove generazioni. Ho recepito anche le sollecitazioni della sezione di Salerno – Friday For Future al fine di impegnarci, concretamente, come amministrazione, per contrastare i cambiamenti climatici. È necessario sensibilizzare le coscienze sul futuro ambientale del nostro pianeta. Non possiamo più aspettare: l’emergenza climatica deve essere messa in primo piano».
Il corteo è partito da piazza Portanova e giunto fino alla spiaggia di Santa Teresa. Centinaia di studenti, universitari, cittadini, lavoratori si sono ritrovati, poco prima delle ore 9, nella citata piazza per dar vita alla manifestazione. Al movimento di protesta studentesco hanno aderito anche gli adulti, tra cui tremila scienziati. A Roma si è registrato il maggior numero di adesioni, e tra i diecimila partecipanti c’era Giorgio Matteucci, direttore del CNR- ISAFOM (Centro Nazionale delle Ricerche – Istituto dei Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo), che ha illustrato in termini scientifici quali le cause del “cambiamento climatico” e come si potrebbe mitigare l’effetto di questo cambiamento: «Per cambiamento climatico si intende la variazione del clima dovuta direttamente o indirettamente alle attività umane e che si somma alla variabilità climatica naturale di un determinato periodo. La quasi totalità della comunità scientifica (95%) ha seguito di studi e valutazione è ormai d’accordo che il cambiamento climatico sia causato per il 90% e più dalle emissioni di gas ad effetto serra, soprattutto anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e Protossido di Azoto (N2O) dovute alle attività dell’uomo: uso dei combustibili fossili per produrre energia e muoversi, produzione ed utilizzo di cemento, deforestazione, attività agricole, allevamento. È vero che il clima è qualcosa che varia, e che ci sono stati forti cambiamenti nel passato sia “umano” (ultimi 10-12mila anni), sia per i cicli glaciali e interglaciali. Però, non c’è mai stato un cambiamento così veloce come quello degli ultimi 150-170 anni, che ha avuto una ulteriore e significativa accelerazione negli ultimi 20-30 anni. La novità è che è stato determinato con sufficiente certezza che l’uomo con le sue attività ha avuto e ha un ruolo sul cambiamento climatico, con maggiore impatto e rilevanza a partire dalla rivoluzione industriale. Per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici si deve intervenire sulle foreste. Ogni anno le foreste globali assorbono tra il 25 ed il 30% delle emissioni di CO2 in atmosfera causate dall’uomo. Questo ruolo di mitigazione deve essere preservato e aumentato. Possiamo mettere in campo diverse strategie: una strategia di gestione, migliorando e rendendo più sostenibili le attività di gestione forestale; una strategia di espansione delle foreste esistenti, con nuove piantagioni di alberi in terreni deforestati (riforestazione) o, ove disponibili, mai forestati (afforestazione); una strategia di conservazione, con azioni contro gli incendi forestali e la deforestazione e la protezione delle foreste vergini (o quasi) ora esistenti; una strategia di uso dei prodotti forestali, rinnovabili, per sostituire materiali da costruzione più energivori e generatori di emissioni quali il cemento o l’acciaio o per sostituire combustibili fossili nel riscaldamento e la produzione di energia (con un occhio però alla efficienza e alle emissioni di polveri) o utilizzandoli per bioprodotti (fibre, chimica verde, bioplastiche, tessuti). Alcuni parlano, a ragion veduta, di transizione anche alle “biocittà”, con infrastrutture verdi piuttosto che grigie e un ruolo importante per il verde e le foreste urbane».
Fin qui le dichiarazioni di Matteucci. Saprà il mondo ascoltare la protesta dei giovani che stanno cercando di preservare un mondo vivo e vivibile per il loro futuro?