Il nome varia a seconda della regione nella quale si gustano, ma la ricetta è molto simile ovunque. Il loro sapore inconfondibile le rende le regine del Carnevale
di Maria Barbagallo
Chiacchiere, bugie, frappe, frittole, cenci, lattughe, galani, cròstoli: tanti nomi per un unico dolce. Per la sua preparazione bastano pochi e semplici ingredienti, come farina, burro, uova e zucchero e a seconda delle usanze, per aromatizzare, si aggiunge una componente alcoolica a scelta e dopo averle fritte vengono cosparse da un’abbondante spolverata di zucchero a velo.
Come in tutte le ricette della tradizione esistono delle varianti e le chiacchiere possono essere ricoperte da cioccolato fondente, miele, mascarpone o irrorate da alchermes. Le sue caratteristiche (ricetta con pochi ingredienti, facile preparazione e soprattutto economica), hanno fatto sì che questo dolce, tramandato nel tempo, si sia diffuso in tutta la penisola.
Troviamo le chiacchiere anche in molte nazioni europee e prendono i seguenti nomi: in Francia sono conosciute come oreillettes (orecchiette), bugnes o merveilles (meraviglie); in Spagna si chiamano orejas; in Svezia klenäter; in Ungheria csöröge e in Polona chrusty o faworki, solo per citarne alcune.
Questo golose sfoglie fritte simbolo del Carnevale hanno origini molto lontane, infatti secondo ricostruzioni storiche pare che venissero preparate al tempo degli antichi Romani durante la celebrazione dei Saturnali, festa simile al Carnevale odierno. In questo periodo di abbondanti banchetti e bagordi, il dolce che andava per la maggiore era la frictilia, fatta con uova e farina e fritta nel grasso di maiale.Anche Apicio, uno dei più raffinati buongustai e gastronomi del tempo, menziona nel suo De re coquinaria la preparazione delle antenate delle chiacchiere: «Frittelle a base di uova e farina, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele».
Non poteva di certo mancare la versione partenopea sulle origini delle chiacchiere. Si narra che una regina di casa Savoia commissionò al cuoco di corte un dessert che potesse essere consumato durante i pomeriggi che ella trascorreva, chiacchierando, con i suoi ospiti. Lo chef prese spunto da questi pomeriggi e chiamò la sua creazione appunto «chiacchiere».