La storia della «picciridda» venerata dalla chiesa cattolica e da quella ortodossa. Il suo nome in greco significa «buona». Compatrona di Malta con San Paolo, così come della Repubblica di San Marino
di Maria Barbagallo
Agata nasce in una ricca e nobile famiglia catanese tra il 229 ed il 235 d.C. e consacrò la sua vita alla religione cristiana. Tra il 250 e il 251 d.C., durante la persecuzione di Decio, giunse a Catania il proconsole Quinziano per fare rispettare l’editto imperiale che imponeva ai cristiani il ripudio della propria fede.
Quinziano notò Agata ed affascinato da essa tentò di sedurla, ma al rifiuto fermo della giovane la perseguitò. Portata in carcere venne sottoposta a torture, fino ad arrivare all’atroce strappo dei seni. Si racconta che nella notte apparve San Pietro e grazie al suo intervento le ferite vennero risanate ed i seni ricrebbero miracolosamente.
Il mattino seguente, adirato per ciò che vide, Quinziano la condannò a bruciare sui carboni ardenti e mentre il suo corpo ardeva, il velo rosso della sua consacrazione a Dio rimaneva intatto, divenendo una delle reliquie più preziose. Agata morì il 5 febbraio del 251 d.C.
L’anno seguente alla sua morte una violenta eruzione dell’Etna si dirigeva verso Catania minacciando di seppellirla. Si racconta che i catanesi, preso il velo rosso deposto sul sepolcro, lo opposero alla lava che immediatamente si arrestò. Da questo episodio e da altri prodigi, ebbe origine il culto agatino che si diffuse anche fuori dalla Sicilia e la giovane iniziò ad essere venerata anche dal popolo di religione pagana.Nelle «Metamorfosi» di Apuleio si riporta che nella città di Corinto si festeggiava la dea Iside ed i cittadini, in processione, indossavano una tunica di lino bianca, simile al «sacco» agatino e la tradizione racconta che molto tempo prima la nascita di Agata, la statua di una vergine veniva portata in processione per le piazze e le vie della città. Quindi è molto probabile, così come accade per molte feste sacre, che la festa in onore di Agata abbia sostituito quella pagana.
I primi veri festeggiamenti risalgono al 17 agosto del 1126, quando le reliquie della santa vengono riconsegnate al vescovo Maurizio da due soldati della corte imperiale, a cui la santa era apparsa, dopo che erano state trafugate e portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace nel 1040.
Nel 1376 con la costruzione della «vara», fercolo in legno scolpito e decorato, alla festa religiosa si affianca una festa popolare simile a quella odierna. Il fercolo veniva portato a spalla per le vie interne della città, dagli ignudi o scalzi che si presentavano alla processione a petto nudo e senza scarpe per penitenza. Nel 1519 venne inaugurato il nuovo fercolo, quello attuale, in argento rinascimentale.
Fino a tutto il ‘600 la festa si articolava solo nella giornata del 4 febbraio, ma vista l’importanza dell’evento le giornate divennero due e ai giorni nostri la festa dura dal 3 al 5 febbraio con il rientro della santa in cattedrale nella tarda mattinata del 6 febbraio. Allora come oggi, i fedeli recavano grosse torce accese per voto.
Il mezzobusto della santa è ricoperto di oro e gemme preziose che nei secoli hanno formato un tesoro dal valore inestimabile donati, solo per ricordarne alcuni, dalla regina Margherita di Savoia e Vincenzo Bellini. Il gioiello più prezioso è la corona che spicca sul suo capo, dono di Riccardo Cuor di Leone.