Il problema è aggravato dalla persistente abitudine, sia degli avventori dei locali, sia dei gestori degli stessi, di intrattenersi fino a notte inoltrata con musica ad alto volume
di Nino Maiorino
Archiviata, con la notte bianca e l’esibizione di Enzo Gragnaniello e degli Stadio, la kermesse natalizia, che a Cava de’ Tirreni sembra sia stata un successone, con trentamila (qualcuno dice molto meno) presenze, torniamo alla quotidianità, evidenziando, comunque, che tutto questo attivismo mondano poco si concilia con lo spirito delle feste natalizie, che vanno dal Santo Natale all’Epifania: se, come recita il proverbio, l’“Epifania tutte le feste porta via”, vien da dire finalmente, visto che di intimo fascino natalizio, purtroppo, in queste occasioni se ne vede ben poco.
L’occasione della notte bianca ci ricorda che a Cava de’ Tirreni, come altrove, c’è un problema che l’amministrazione cittadina non sa o non vuole risolvere, ed è quello della “movida fracassona” che ai cittadini residenti del centro storico non fa dormire sonni tranquilli: anzi non li fa proprio dormire.
Il problema, per la verità, non è solo di Cava, o magari di Nocera, giacché sono tante le città, specialmente al sud, che lo vivono, a cominciare da Napoli dove, specialmente durante i fine settimana, tante strade e piazze vengono invase da folle di persone che, con il pretesto di rilassarsi e divertirsi, le “occupano” a discapito degli sfortunati residenti che sono costretti a subire ogni genere di abuso, dal non dormire al non potersi ritirare o uscire di casa in quanto perfino i portoni e le porte dei garage vengono ostruiti da auto e moto.
Ma i problemi di grandi città, come Napoli, sono più difficili da risolvere per le tante peculiarità delle varie zone, mentre in città come Cava, o Nocera, sono più semplici da affrontare e risolvere, purché le amministrazioni abbiano la volontà di farlo e ne siano all’altezza.
Da molti anni i cittadini del centro storico di Cava lamentano che nelle ore serali e notturne vengono disturbati da folle vocianti di persone che, in virtù della partecipazione al rito della cosiddetta “movida”, si intrattengono dinanzi e all’interno di numerosi bar, che poco alla volta sono diventati anche locali per la ristorazione, quindi hanno ampliato le loro offerte al pubblico attirando molti più avventori provenienti anche dalle città limitrofe.
Il problema è aggravato dalla persistente abitudine, sia degli avventori dei locali, sia dei gestori degli stessi, di intrattenersi fino a notte inoltrata con musica ad alto volume, che, accompagnata dal vociare della gente, genera un fracasso indescrivibile: a volte v’è l’impossibilità di camminare anche a piedi, in quanto la calca, oltre che rumorosa, è talmente numerosa da non consentire neanche il transito pedonale.
Personalmente, a meno che non possa farne a meno, evito di recarmi, nelle ore serali, nel centro porticato della città, proprio per le difficoltà oggettive di attraversarlo, cosa che non capita solo in alcune giornate, prefestive o festive, ma oramai quasi tutte le sere, specialmente in quelle dei periodi delle feste.
Purtroppo mi è capitato di doverlo fare, per ben due volte, sabato 30 dicembre scorso, da Piazza San Francesco al Comune e viceversa, ed è stata una esperienza da non ripetere; il fracasso, che non consentiva nemmeno di chiedere di spostarsi per passare, mi ha fatto comprendere che nulla è stato risolto per evitare i disagi derivanti da tale ciarliero affollamento, e mi ha fatto immedesimare nella condizione dei residenti del borgo metelliano che sono costretti a subire quotidianamente tale disagio, che non esito a definire vergognoso per una città che si proclama civile.Ho voluto evidenziare tale situazione in un articolo pubblicato su un giornale on-line cavese, e mi sono attirato le ire e le conseguenti critiche da parte di qualcuno, evidentemente interressato, il quale, a difesa degli esercizi pubblici che hanno tutto l’interesse a non essere ostacolati, ha ovviamente contestato le mie critiche rivolte sia agli avventori che ai gestori i quali, a suo dire, sono persone che sacrificano dalle 12 alle 18 ore della loro giornata per incrementare il turismo, il lavoro, far crescere il pil nazionale.
I residenti, purtroppo, da anni stanno sopportando questo stato di cose, aggravato dalla insensibilità di chi potrebbe darsi una regolata: mi riferisco ai gestori che potrebbero imitare quelli di altre zone i qual non solo tengono basso il volume degli impianti di amplificazione, ma invitano anche gli avventori a contenersi e non dare fastidio al circondario.
Da parecchi anni esiste a Cava il “Comitato per l’Ordine e la Quiete”, presieduto da uno storico e battagliero personaggio, da anni impegnato, senza grandi risultati, per ridurre i disagi derivanti da questa insostenibile situazione.
Il caso ha voluto che, la sera dopo la pubblicazione del mio articolo, qualche vittima dei ciarlieri nottambuli, evidentemente esasperata, abbia lanciato dal balcone della candeggina che ha colpito i sottostanti avventori i quali hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso del locale ospedale; su questo episodio stanno indagando le forze dell’ordine; il giorno successivo il Comitato al quale ho fatto riferimento ha inviato al Sindaco Servalli e alla Amministrazione comunale una ulteriore istanza finalizzata ad un intervento conclusivo per evitare che la situazione possa degenerare.
Pure nutrendo qualche perplessità in proposito, vivamente c’è da augurarsi che l’amministrazione cittadina finalmente prenda in mano la situazione ed intervenga adeguatamente per scongiurare l’ulteriore aggravarsi della diatriba tra i residenti e i pubblici locali: a questi ultimi non si può negare il diritto di lavorare, ma a condizione che non tolgano la pace alla gente.
Le perplessità derivano dalla considerazione che già più volte in passato, nonostante impegno e sollecitazioni, il Comune sembra aver fatto orecchio da mercante in quanto sembra non avere voglia di inimicarsi i baristi (e perdere i loro voti) e tira avanti penalizzando i residenti; a stento si pone il problema dello smaltimento dei rifiuti che derivano dalla invasiva movida, che vengono ammucchiati in tutti gli angoli, spesso senza essere differenziati, per cui si trovano bottigliette o lattine di bibite, molte di esse alcoliche, persino sui parapetti della fontana dei delfini, quando non addirittura dentro, nella piazza di fronte al Duomo.
Provocatoriamente ho scritto che è andata anche bene ai ciarlieri avventori che siano stati bersagliati solo da qualche goccia di candeggina: poteva andar loro molto peggio se, invece della candeggina, qualcuno avesse usato qualcos’altro; ma mi chiedo di chi sia la responsabilità di tutto ciò.
In un paese civile, in uno Stato di diritto, la civile convivenza si basa su leggi e regolamenti che debbono tutelare tutti, consentire la libertà di ciascuno ma nel rispetto dei diritti degli altri; e tra i vari diritti quello della tranquillità e della quiete all’interno delle proprie mura domestiche è intangibile e sacrosanto, e chi intende limitarlo o, in taluni casi, annullarlo deve essere drasticamente perseguito; nessun tipo di violenza è ammissibile, tanto meno quella che impedisce di stare tranquilli in casa propria.
Se le pubbliche autorità non sono in grado di garantire queste basilari regole, sono proprio loro che innescano reazioni incontrollate che oggi portano a usare la candeggina, domani non si sa cosa.