Erano i primi anni dell’800 quando la baronessa Maria Paternò chiese ed ottenne il divorzio grazie all’introduzione del Codice Napoleonico e all’aiuto di un brillante avvocato
di Maria Barbagallo
Napoli, la città che si distingue per i suoi primati, ne vanta parecchi e di varia natura. Uno di questi riguarda l’introduzione del divorzio, infatti, il Regno di Napoli durante il governo di Gioacchino Murat fu il primo stato della penisola italiana ad ammetterlo nella propria legislazione, e quegli anni per l’Italia meridionale furono una fase di risveglio e di rinascita.
Joachim Murat – Jordy (Labastide – Fortunière 25 marzo 1767 – Pizzo Calabro 13 ottobre 1815) era l’ultimo di undici figli di una coppia di albergatori. Generale di brigata, aiutante di campo e cognato di Napoleone, avendo sposato la sorella minore Carolina, il 22 gennaio del 1800.
Nel 1804 ottenne l’alto riconoscimento di Maresciallo di Francia. Nel 1808 Napoleone, dopo avere sottratto il trono ai Borbone, nominò re di Napoli il fratello Giuseppe e dopo che quest’ultimo venne chiamato al trono di Spagna, l’imperatore offrì a Murat la corona di Napoli.Durante il periodo del cosiddetto «decennio francese», Murat si distinse per le varie iniziative: fondò il Corpo degli ingegneri di ponti e strade, avviando opere pubbliche non solo a Napoli ma anche nel resto del Regno; fondò la Facoltà di Agraria; istituì un sistema di educazione e istruzione pubblica con principi di uguaglianza, ma soppresse l’antica Scuola Medica Salernitana (1811).
Ritornando al divorzio, il 1° gennaio 1809 entrò in vigore il Codice Napoleonico, che oltre al riordinamento amministrativo e giudiziario, consentiva il divorzio, il matrimonio civile e l’adozione, riforme che chiaramente non incontrarono il favore del clero.
Al tema del divorzio il filosofo Benedetto Croce dedicò uno scritto dal titolo: «Il divorzio nelle province napoletane 1809-1815». Croce trovò in tutto questo periodo pochissimi casi di divorzi (si dice che fossero stati solo tre). I giudici, infatti, erano molto restii a concederlo poiché soggetti a minacce di scomunica.Uno dei divorzi del quale Croce trovò notizie tra le carte dello Stato Civile di Napoli, fu quello per reciproco consenso dei coniugi Pasquale Pauciello e Angela Maria Francesca De Angelis, sposati il 19 dicembre 1792, senza figli.
Un altro caso fu quello della baronessa catanese Maria Paternò che chiese il divorzio e lo ottenne con procedura d’urgenza, grazie all’art. 296 del succitato Codice Napoleonico. La donna mosse al marito le accuse di «seviziatore, turpe e taccagno spilorcio». La triste vicenda che l’aveva vista coinvolta, non le aveva fatto perdere, però, la fiducia nel matrimonio, tant’è che dopo dieci mesi si risposò con il brillante avvocato che l’aveva assistita.
Il Codice Napoleonico restò in vigore dal 1° gennaio 1809 fino al giugno 1815, quando i Borbone recuperarono il Regno e si affrettarono ad abolirlo con decreto speciale.
Dovettero trascorrere molti anni prima che in Italia si istituisse nuovamente il divorzio. Era il 12 maggio 1974 quando, con uno storico referendum, gli italiani dissero NO all’abrogazione della legge del 1970 Fortuna-Baslini.