Venerato fin dal primo Medioevo, in particolare in Francia, molto amato dal popolo verso il quale aveva grande attenzione. Anche Giosuè Carducci si ispirò a questo giorno in una delle sue più celebri poesie
di Maria Barbagallo
«San Martino, castagne e vino» recita un detto ed infatti alla figura del santo sono legati proverbi, usanze e tradizioni gastronomiche. Domani, 11 novembre, si festeggia la ricorrenza del Santo, che nacque nel 316 o 317 d.C. in Pannonia, una regione dell’Impero Romano che corrisponde all’odierna Ungheria.
Il nome gli fu dato dal padre in onore di Marte, dio della guerra, e lo indirizzò alla vita militare. In Gallia avvenne l’episodio che gli avrebbe cambiato la vita. La tradizione vuole che durante una ronda si imbattesse in un mendicante e per ripararlo dal freddo tagliò in due il suo mantello e lo donò al povero. La leggenda narra che dopo questo gesto l’aria divenne più mite, quasi estiva (da qui derivò l’estate di San Martino).
Mentre dormiva gli apparve in sogno Gesù che indossava il suo mantello e questo ebbe un grosso impatto su Martino che si battezzò e dopo qualche anno lasciò l’esercito per diventare monaco. In questo periodo convertì molti pagani, soprattutto nelle campagne, e l’attenzione verso gli umili lo rese molto amato dal popolo. Nel 371, per volontà popolare, venne ordinato vescovo di Tours. Morì l’8 novembre del 397 e i suoi funerali si svolsero l’11 novembre.
Durante i primi dieci giorni di novembre si svolgevano le celebrazioni del Samuin, il Capodanno celtico, e poiché questa festa pagana era ancora molto presente nel popolo, la Chiesa pensò bene di trasferire molte usanze di quel rito nella festa di San Martino che divenne una delle feste più importanti dell’anno. In molte parti d’Europa i festeggiamenti prevedevano falò, processioni e scambi di regali e naturalmente banchetti con buon cibo e vino. In Abruzzo si dice «Ce sta lu San Martino» ad indicare che c’è abbondanza di cibo. Ancora oggi in questo giorno si beve il vino novello «a san Martino ogni mosto diventa vino».
Tante sono le prelibatezze che si gustano in questo giorno ma il piatto forte è l’oca, che è legata ad un episodio della vita del santo. La leggenda narra che quando venne eletto vescovo, Martino che desiderava restare un semplice frate, si nascose in un casolare. Ma lo starnazzare di un gruppo di oche fece trovare agli abitanti il suo nascondiglio e così dovette accettare l’incarico.
Nel passato, soprattutto in campagna, tutti i contratti agricoli e di affitto finivano a san Martino. In alcuni luoghi si dice «fare San Martino» per indicare un trasloco.
Una curiosità legata a questa festa è quella che vuole San Martino protettore dei cornuti. Vi sono alcune ipotesi che spiegano questa fantasia popolare. Una è quella che alla fine delle attività agricole si svolgevano delle fiere di bestiame con le corna e quindi questa giornata sarebbe dedicata a loro. Un’altra più divertente è che proprio durante queste fiere mentre i contadini erano via, le loro mogli lasciate sole si dedicavano ai tradimenti. Al loro rientro i mariti cornificati venivano derisi.
In alcune località italiane si svolgono delle processioni dove gli uomini si scambiano delle corna di cervo in una sorta di rito che servirebbe a scongiurarle. A Sant’Arcangelo di Romagna si svolge la simpatica Fiera di bec, che però non è dedicata ai quadrupedi. Si dice che passando sotto le grandi corna appese nella piazza centrale, queste dondolano al passaggio dei «cornuti». Quindi fate attenzione.