Durò oltre due mesi la resistenza dei militari italiani sconfitti, insieme agli inglesi, dai tedeschi nel fazzoletto di terra poco distante dalla Turchia. Tra questi il nostro concittadino, poi decorato con tre Croci al Merito di Guerra e un encomio solenne
di Rocco Vitolo
Pubblichiamo l’estratto di un lavoro del compianto Rocco Vitolo, ricercatore nocerino scomparso quest’anno, che parla di Francesco Rese, un eroe nocerino quasi sconosciuto. Dopo il disastro di Lero, per tre lunghi anni partecipò da partigiano alle operazioni anti-naziste. Riuscì a tornare in Italia solo nel dicembre del 1946
È un’isola dalle coste alte e frastagliate, con poche ma utili e profonde insenature che alle navi consentivano un sicuro riparo dai nemici e dal minaccioso meltemi, il vento di tramontana che sferza le acque del Mar Egeo.
Il presidio italiano, circa cinquemila uomini comandati dal capitano di Vascello, poi promosso Contrammiraglio, Luigi Mascherpa, sin dall’annuncio dell’armistizio, difese Lero dai prevedibili attacchi tedeschi. Ma l’armamento italiano era assai precario: vecchie artiglierie, fucili 91, poche munizioni e scarsi viveri. Circa duecento furono i bombardamenti tedeschi sull’isola, prima che il 16 settembre arrivassero truppe britanniche agli ordini del generale irlandese Brittorons. Con ulteriori rinforzi britannici, spediti sull’isola il 20 settembre, si riuscì a tenere testa agli Stukas tedeschi. Invano Churchill aveva chiesto maggiori mezzi agli Americani. Concentrare mezzi e forze in Italia era, invece, prioritario per il Generale Eisenhower. Il 12 novembre i tedeschi attaccarono l’isola, sbarcando in diversi punti e calandovi un battaglione di paracadutisti. La battaglia durò sino al 16. I soldati italiani erano decisi a resistere almeno finchè avessero resistito gli inglesi. Ma, dopo la resa del Generale britannico Tinley, anche Mascherpa ordinò il “cessate il fuoco”. Alla fine lo stesso Churchill ebbe a dichiarare: “È il nostro primo rovescio veramente grave, dopo Tobruk nel 1942…. Mi addolorava che le piccole richieste, da me fatte ad Eisenhower per fini strategici quasi importanti come quelli già conseguiti, fossero state così tenacemente avversate e respinte” (“La seconda guerra mondiale” – vol. 5 – pag. 239). Sui cinquemila italiani che parteciparono a quella battaglia, solo millecinquecento furono i superstiti, catturati dai tedeschi. Gli italiani furono destinati a raggiungere in condizioni pressocchè inumane i campi di prigionia in Germania” (V. Spigai: op. cit.). Tra questi, abbandonati dagli alleati perché “i distaccamenti italiani nel Dodecanneso non offrivano sufficienti garanzie” (Ammiraglio Cunningham), vi era un nocerino: Francesco Rese. Marò aerofonista, Francesco Rese, classe 1922, dalla base di Brindisi fu inviato all’isola di Lero nel maggio del 1942, a bordo di un sommergibile. Si distinse subito per il coraggio dimostrato nell’aver partecipato al salvataggio di commilitoni affondati nel mare Egeo, a 10-15 metri di profondità, da MAS tedeschi. Dopo la resa del 16 novembre 1943, fu destinato ai campi di prigionia della Germania. “Si moriva di fame e di paura. Condotti prima al Pireo nelle stive di carrette del mare, i soldati italiani furono sistemati in 56 per ogni vagone bestiame. Senza acqua. Si bagnavano le labbra con la neve che filtrava nel vagone”. (V. Spigai: op. cit.). Percorsero per giorni la penisola balcanica. Furono fermati e tenuti in un campo di prigionia in Jugoslavia. Un violento bombardamento consentì ai soldati italiani di scappare. Il nostro, insieme con il commilitone Celentano, di Napoli, e a pochi altri, riuscì ad aggregarsi ad altri italiani che già si erano uniti ai partigiani slavi. Per tre lunghi anni partecipò da partigiano alle operazioni anti-naziste. Riuscì a tornare in Italia solo nel dicembre del 1946. È stato decorato con tre concessioni di Croci al Merito di Guerra e gli fu tributato l’Encomio Solenne “per aver partecipato alla difesa di Lero quale componente del Presidio che agli ordini del Contrammiraglio Mascherpa, medaglia d’oro al Valor Militare, resisteva per ben 52 giorni all’insistente violento assedio aereo, cessando di combattere solo quando, all’estremo delle risorse, in seguito all’avvenuto sbarco di soverchianti forze nemiche ne ebbe l’ordine dal Generale Britannico, comandante delle operazioni di difesa”.
L’impressionante numero di riconoscimenti concessi ai militari italiani (6 medaglie d’oro, 65 medaglie d’argento, 194 medaglie di bronzo, 289 Croci di Guerra) basta a riassumere l’eccezionale prova di valore dell’intera guarnigione e del nostro concittadino. Nessun riconoscimento, invece, per i tre anni vissuti da partigiano tra le asperità dei Balcani. In fuga in un territorio sconosciuto, poco più che ventenne, tra gente dall’idioma così diverso, lontano dalla propria terra distanze incalcolabili, senza viveri né armi, Francesco non aveva altra scelta che abbracciare la causa del popolo slavo, spinto dalle drammatiche esperienze vissute a Lero ed anche dall’entusiasmo e dagli ideali che sono propri di quell’età. La guerra è sempre una iattura. Lascia perplessi il pensare che “la vita di tanti uomini” possa dipendere solo da strategie politiche, tattiche attendistiche, freddi calcoli, cinici sacrifici altrui, di militari e di civili, partoriti dalle menti di pochi “unti”, che usano “la vita di tanti uomini” come pedine su scacchiere infernali.