Per la Corte di Cassazione, il vicino che lascia in sosta un autoveicolo dinanzi l’entrata di una proprietà, in modo da impedire il passaggio, è colpevole di violenza privata
di Danila Sarno
Parcheggiare in maniera frettolosa ed incivile può rivelarsi un atto davvero sconsiderato! Basti pensare che si corre persino il rischio di incappare in una condanna per violenza privata, ai sensi dell’articolo 610 del codice penale. Ciò è quanto accade, ad esempio, quando si parcheggia un’autovettura davanti ad un cancello per impedirne il transito, così suscitando l’ira del vicino di casa.
A spiegarlo è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 40482 del 2018, con cui è stato rigettato il ricorso di un uomo condannato dalla Corte d’Appello di Palermo. Il motivo della condanna? L’imputato, parcheggiando davanti al cancello posto sul confine della sua proprietà e, addirittura, sedendosi in prossimità dei battenti, aveva impedito la chiusura e il passaggio attraverso di esso per giorni, causando non pochi fastidi alla parte lesa.
Questo comportamento, a detta degli Ermellini, integra il reato di violenza privata che, infatti, si identifica “in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza impropria, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali, diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione”.
Dunque, l’attività costrittiva costituisce reato anche se non è connotata da violenza o minaccia in senso stretto. Né potrebbe trattarsi, come sostenuto dal difensore dell’imputato, di delitto di esercizio arbitrario delle private ragioni perché, nel caso di specie, l’azione ostruzionistica non corrisponde al contenuto del possibile esercizio del potere giurisdizionale.
Lo stesso discorso, ricorda la Suprema Corte, vale ad esempio anche per la condotta di colui che occupi il parcheggio riservato ad una persona invalida; o ancora, per il caso di chi, nell’ambito di manifestazioni di protesta per l’esecuzione di un’opera pubblica, impedisca agli operai l’utilizzo dei macchinari, frapponendosi all’accesso ad essi. In tutti questi casi, la Cassazione ha stabilito espressamente che sussiste reato di violenza privata, in quanto si tratta di comportamenti che pongono la vittima nella condizione di subire una situazione contraria al proprio volere, a prescindere dal mezzo utilizzato per la coazione.