Imprenditori e professionisti non hanno mantenuto le promesse. Inutile la raccolta fondi promossa dall’associazione Nocerini. Questa mattina tifosi chiamati ad un contributo che serve da anticipo sull’eventuale abbonamento
di Valerio D’Amico
La Nocerina è sull’orlo del precipizio, giace come un pugile al tappeto che aspetta solo di ricevere il colpo del definitivo ko. Una metafora pungente, troppo dolorosa, ma che rispecchia a pieno l’attuale stato della società molossa.
A nulla sono serviti i continui appelli fatti negli ultimi giorni da Bruno Iovino, a nulla è servita la raccolta fondi promossa dall’associazione Nocerini e da alcuni irriducibili tifosi, che hanno provato con un colpo di coda finale a riscrivere un destino che a chi osservava la situazione in maniera oggettiva pareva già segnato da tempo.
A nulla è servito l’ennesimo sforzo del Comune, che aveva concesso l’utilizzo del “San Francesco”, dietro il pagamento solo di una quota irrisoria del debito pregresso. “Le promesse e gli impegni assunti dai tanti imprenditori e professionisti incontrati in questi giorni sono venuti meno” spiega Iovino, in un comunicato emanato nella tarda serata di un giovedì di metà luglio che rischia di essere ricordato come il penultimo giorno di vita della Nocerina. Già, perché salvo miracolosi colpi di scena, che dovrebbero verificarsi entro questo pomeriggio alle 14:30, la squadra non potrà essere iscritta al campionato di serie D e l’associazione sportiva sarà messa in liquidazione. Questa mattina è in programma un ultimo tentativo, una sorta di terapia sperimentale salvavita: sarà data la possibilità a tutti i tifosi di dare un contributo, che varrà come acconto per l’acquisto dell’abbonamento in caso di iscrizione.
Inutile fare appelli tramite le pagine del nostro quotidiano online: ogni tifoso, quello con la T maiuscola,dovrebbe, ma forse avrebbe già dovuto molto prima, fare appello al suo cuore a strisce rossonere, senza dare importanza alla categoria, alle ambizioni, all’allenatore o al presidente di turno. È arrivato il momento di tirare fuori l’orgoglio del vero molosso, per provare a tener accesa, finchè possibile, la fiammella della speranza.