Uno spaccato di storia cittadina di metà ‘800, pubblicato nell’ottobre 1989 dal professor Raffaele Pucci sul mensile “La Cittanova” e frutto dei suoi studi sulla documentazione presente nell’archivio del Comune
di Raffaele Pucci
L’archivio comunale di Nocera Inferiore conserva ancora parecchie carte relative alla realizzazione delle ferrovie che attraversano, invero con conseguenze non sempre gradevoli per il nostro territorio: e si tratta non solo della linea Napoli Nocera-Salerno, ma anche di quella per Avellino e Foggia, che, posta allo studio già nel 1843, sarà realizzata nel decennio successivo, con la costruzione – vale la pena di ricordarlo – della galleria di Codola, che è il più antico traforo ferroviario italiano.
Dopo l’Unità, poi, c’è un’orgia di progetti per nuove linee da Nocera in ogni possibile direzione, tra cui il più ardito, certamente. è quello d’una linea che superando Montalbino doveva collegarci alla Costiera Amalfitana.
Il fascicolo più nutrito e più interessante resta però senza dubbio quello relativo alla costruzione del tronco Napoli-Nocera, il cui primo tratto, fino a Portici, segna come è noto l’inizio della storia delle ferrovie in Italia.
La pratica si apre con una solenne lettera ufficiale, con cui l’intendente di Salerno, Gaetano Filangieri, comunica, l’11febbraio 1837, al sindaco di Nocera che con un decreto del 19 giugno 1836 il Re ha approvato la costruzione di una strada ferrata da Napoli a Nocera, dando la concessione al signor Armando Giuseppe Bayard de la Vingtrie. L’ingegnere preposto alla costruzione, che prevede anche una diramazione per Castellammare, è Enrico Falcone. A lui e al Bayard l’intendente ordina che si dia ogni aiuto, considerandoli a ogni effetto come pubblici funzionari.
Non sappiamo quanto volenterosamente le nostre autorità locali si siano adeguate a queste direttive, ma è certo che i fastidi non dovettero mancare per il Bayard, che, a quanto pare, aveva posto mano ai lavori su entrambe le estremità della linea: già nel novembre di quell’anno, infatti, egli si lamenta perché i segnali di percorso e i picchetti posti lungo la costruenda linea, e altro materiale preparato per i lavori, siano stati asportati da ignoti in più riprese. Altre questioni sorgono per gli indennizzi ai proprietari espropriati che a Nocera furono principalmente gli Astuti, gli Scalfati ed il monastero di S. Chiara. Una variante al progetto dovette essere apportata nel 1843 quando la stazione, originariamente prevista al confine con Pagani, fu spostata verso il centro cittadino: una tradizione orale attribuiva tale traslazione alle sollecitazioni di don Andrea Guerritore, il cui palazzo veniva in tal modo a trovarsi a pochi passi dalla stazione stessa. Ma i fastidi maggiori dovevano provenire dai problemi legati ai rapporti con la nutrita schiera dei cocchieri di piazza: già il 2 gennaio 1838 il giudice di Circondario avvertiva il sindaco che a Castellammare vi erano stati scontri violenti tra cocchieri ed operai delle ferrovie (nello stile, cioè, della lotta nel West tra ferrovie e diligenze) e lo invitava a vigilare per evitare disordini simili a Nocera. Negli anni successivi l’arroganza di questa categoria (a Nocera nel 1844 vi erano 16 carrozze pubbliche) mostra di accrescersi, anche per la funzione essenziale che essa svolge di trasportare fino a Salerno i viaggiatori che debbono proseguire oltre Nocera. Abbondano, così, nonostante la fissazione di precise tariffe (che distinguono tra carrozze a quattro o a due ruote, a tre o due cavalli), le proteste contro l’esosità dei cocchieri.
La loro riluttanza ad accettare passeggeri per i brevi percorsi, le risse e le turbolenze presso la stazione, la velocità noncurante dei pedoni con cui abbordano via S. Matteo per immettersi sul Corso, allora via Consolare per Salerno. A tutto ciò porrà fine, alcuni anni dopo, il prolungamento della linea fino al capoluogo.